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Roma - Via Tiburtina di Giordano85 commento di civ833 |
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Le dichiarazioni d'intenti lasciano il tempo che trovano. Proclamare una poetica non è sufficiente a trasformare in arte il prodotto di quella poetica, né a mascherare o sublimare la soggettività dell'autore. Anche sotto sostanze allucinogene, l'opera è sempre dell'artista, e mai del mezzo; o - nel caso di scimmie che battono a macchina la biblioteca di Babele - il concetto di opera non si applica, non potendo prescindere da colui che l'ha generata.
Poi puoi ubriacarti, scattare con una Holga senza guardare, sviluppare con l'ID11 a una diluizione casuale, far stampare a un bambino bendato, ma resterai sempre autore, seppure in minima parte. E sono l'autore e il suo prodotto che si giudicano, il Caso si può solo ammirare.
In ogni modo, l'arte non è un fatto privato, né universale. Il tuo entusiasmo per la tua epifania riguardo il ruolo del Mezzo Fotografico in quanto soggetto e non semplicemente strumento della rappresentazione, non è sufficiente ad estendere quantitativamente e qualitativamente il giudizio che dai di questo scatto. Vedere qualcosa che gli altri non vedono può essere sintomo di forte genialità o di forte errore, il che non prescinde dall'educazione (in questo caso visiva) degli Altri cui l'autore si rivolge. Qui ed ora, questo scatto non convince, nonostante tutto ciò che premetti. Ma se è la tua poetica seguila, abituaci e abituati, e vediamo che ne esce. |
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Roma - Via Tiburtina di Giordano85 commento di civ833 |
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Giordano85 ha scritto: | Ho fatto questa foto una decina di mesi fa, l'ho sviluppata molto dopo e l'ho scannerizzata solo qualche giorno fà ..... quindi io non so dire cosa mi sia passato per la testa al momento dello scatto. Posso solo dire onestamente che non avevo di certo immaginato che il risultato fosse questo, anche per scarsa esperienza (era il primo o secondo rullino in B/N). Tuttavia questa foto ha un suo valore, estetico e didattico. E' innegabile che ci sia una costruzione in questa foto, una componente di sguardo umano forte, ma quello che mi pare traspaia in maniera evidente è la capacità del dispositivo fotografico di avere una sua visione, nonchè l' incontrollabilità del risultato finale in termini di senso. Riflettendoci a posteriori, posso dire che è un po' l'estremizzazione di quello che diceva Jean Renoir, ovvero che le sue inquadrature rivelavano sempre un senso, una volta realizzate, che egli non era assolutamente in grado di predeterminare. |
Qualcuno diceva: "Quello che conta è la visualizzazione. Il resto è culo.", e non aveva tutti i torti.
Un valore didattico, dimostrativo, presuppone che il fotogramma realizzi la visualizzazione del fotografo, qualunque essa sia.
Un valore didascalico lo ha una foto di lettura univoca, chiara, lampante, esemplificativa di un certo metodo o di una certa finalità espressiva. Didascalismo che va bene se si vuol fare didattica, se si vuole imparare la tecnica, ma che lascia il tempo che trova.
La stessa parola fotogramma presuppone che si scriva qualcosa. Che la luce, scriva qualcosa. Qualcosa di determinato da chi con quella luce disegna quello che ha visto, con l'occhio interiore; da chi, scattando, imprime sulla pellicola o sul sensore non la realtà, ma la sua rappresentazione della realtà, rappresentazione che passa per il mezzo espressivo e raggiunge la stampa, il prodotto finale, intuendone l'interpretazione e il valore. L'atto più naturalista che può fare il fotografo è raffigurare, mai riprodurre.
Si può fotografare la sovrapposizione fra una vetrina e un signore in primissimo piano, e chiamarla street photography. Ma lo scatto, per quanto simpatico e arguto, è un bello scatto e mai un buono scatto, se non regge su una visualizzazione adeguata.
Visualizzazione che non può prescindere dalla conoscenza delle potenzialità e dei limiti del mezzo fotografico che hai sotto mano: il pittore disegna qualcosa di cui può non essere completamente consapevole, ma dei colori è ben conscio.
Tu scatti una foto in via Tiburtina e dimentichi la tua visualizzazione; bene, questo non toglie dignità allo scatto, rende solo inapplicabili aggettivi come didattico, didascalico, dimostrativo. Ma non dà dignità al mezzo fotografico di-per-sé: mezzo fotografico che mai è attivo, se è conosciuto; perché la visualizzazione stessa non prescinde né dall'empatia col rappresentato, né dalla conoscenza del mezzo di cui premi i pulsanti. La tua ignoranza non dà soggettualità all'oggetto "fotocamera", ma toglie semplicemente portata al tuo agire.
Tu fotografi, dimentichi perché, però non giudichi la foto ma ne estendi la presunta portata: siccome non ti ricordi cosa hai visualizzato, e ti sorprendi che ne sia uscito qualcosa che reputi interessante, attribuisci al Mezzo - che personifichi - la possibilità di avere una sua visione.
Dimentichi, cioè, che la visualizzazione (che è atto che richiede necessaria comprensione del Mezzo stesso, dalla pellicola all'obiettivo allo sviluppo alla stampa finale) non limita il messaggio finale, ma piuttosto lo fa intuire. Non è, in altri termini, un processo di costruzione razionale di cui già vedi il risultato espressivo: lo senti, quel risultato, ne intuisci emotivamente una parte. E questo non impedisce che la sua portata sia molto maggiore, o del tutto differente.
Questa foto non è la prova che quello che esce da uno scatto può essere più di quanto l'autore ha intuito. Perché questo è ovvio, e non richiede personificazione del mezzo, perché la sua motivazione risiede totalmente nella soggettività di chi compie la visualizzazione. Se una scimma batte a macchina l'Amleto di Shakespeare, è merito del caso, o della scimmia, ma mai della macchina per scrivere.
Questo premesso, la metà superiore della foto è talmente determinante alla resa espressiva di questo scatto dall'enigmaticità sufficiente, da rendere impossibile un giudizio anche superficiale senza vedere il prodotto finale.
Sul giudizio tecnico: la tecnica non esiste. Una foto è riuscita, nel linguaggio di questo non-luogo virtuale, se la tua visualizzazione è compiuta, cioè se il fotogramma rappresenta ciò che volevi. O anche parte di ciò che volevi: l'importante è che l'intuizione di un significato, che hai guardando il prodotto finale, sia compatibile con l'intuizione di un significato che avevi subito prima di scattare.
La tecnica è il mezzo da cui la visualizzazione non può prescindere; non esistono regole generali, ma solo constatazioni: quel bianco là è poco funzionale, quella bruciatura distrae, quella profondità di campo non convince.
Una foto, poi, è buona, se trasmette qualcosa. Che non vuol dire che la scena rappresentata, debba trasmettere qualcosa: perché una foto che rappresenta la scena più commovente del mondo, ma la rappresenta male, non è una buona foto. E' una pessima foto, che non regge su nessuna base; va bene per un album di famiglia, o per una prima pagina di giornale, ma non è degna di essere ricordata: l'attenzione si sposta completamente sulla realtà raffigurata, che viene indotta dal rappresentato e giudicata indipendentemente da esso.
Per cui il giudizio più utile che puoi richiedere è proprio "mi piace / non mi piace", e al limite "perché". Il giudizio tecnico di-per-sé non ha alcun senso: tecnicamente Rue Mouffetard taglia i piedi del bambino e la donna a sinistra, ma espressivamente va bene così. |
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I will... di wilduck commento di civ833 |
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La maniera con cui tratti il bambino - inquadratura alta e contrasti che lo responsabilizzano, caricandolo di un'aura di adultezza e serietà - è senza dubbio interessante, ma risulta fortemente penalizzata da quello sfondo a prima vista necessario, ma poi invadente, che non lascia intuire un sogno ma che lo rappresenta vivido, scialbo, esteticamente sgradevole (le transenne) e disordinato, eterogeneo e poco nitido. Tanto che la metà superiore della foto, per quanto in parte necessaria se si dà una certa impostazione alla lettura della scena, risulta superflua e dannosa. Ne risulta uno scatto non convincente, dove ci si chiede cosa sarebbe successo se quella scena (appetibile, ma non basta) fosse stata esclusa, se quel fotogramma fosse stato orizzontale, se lo sguardo celato di quel bambino fosse puntato al di là di quanto vediamo - sublimato, e non brutalmente banalizzato. |
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...life di tizi@n@ commento di civ833 |
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Sembra esserci più cura formale che ricerca di espressività. Ne esce uno scatto in cui cerchi di ricreare, nell'impostazione e nel taglio, un ambiente che sia funzionale a qualcosa che però non rappresenti; disegni un'atmosfera e la carichi visivamente di un significato che non sfrutti. |
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lavori in corso di virtualtoppi commento di civ833 |
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Bianchi poco gradevoli per uno scatto e uno sguardo ben costruiti. E' un peccato sapere che la scelta azzeccata di una profondità di campo selettiva ma non esclusiva sia stata solamente casuale. |
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diversità di virtualtoppi commento di civ833 |
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Ueda ha scritto: | mentre invece virtualtoppi mi colpisce, anche se la scarsa profondità di campo limita molto la visione, lo sguardo dell'uomo in fondo che sembra seguire la nostra coppia,
la scena è disturbata dalla presenza ingombrante del soggetto a destra, tagliata e incomprensibile |
Lo sguardo dell'uomo al centro ha efficacia proprio grazie alla scarsa profondità di campo, che ne fa aleggiare la presenza senza infilarlo prepotentemente nella scena. Il soggetto a destra lo trovo invece funzionale, mai ingombrante, nella misura in cui il taglio non ne fa intuire né troppo né troppo poco, relegandolo a elemento di scena e non facendo intuirne una mozzata personalità. |
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diversità di virtualtoppi commento di civ833 |
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Un bianco e nero convincente sul quale sovrapporre una colorazione selettiva e un titolo inutilmente esplicativo può risultare rischioso, dando il sapore di un superfluo rimarcare qualcosa che già c'è, e per questo ne viene banalizzata. |
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sogno infinito di enricogori commento di civ833 |
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Ha un gradevole sapore pittorico, forse mal collocabile in questa sezione del forum, ma ben più sapida di altri scatti che vi rientrano appieno senza dire quasi nulla. Un po' piccina per dirne di più; si sentono forse un po' troppo i contorni netti dell'uomo e della metà sinistra dello scuro parapetto, rischiano di squadrare magrittianamente un'immagine che per il resto si abbandona mollemente a un indistinto sfumato e onirico. Il titolo è superfluo. |
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proporre inopportuni portamenti di luxi commento di civ833 |
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Il punto di ripresa è in alto quel tanto che basta per rendere, assieme all'inclusione dell'estremo del marciapiede e di quello scorcio di strada, non perfettamente compiuto uno scatto interessante nell'impostazione e nel metodo. Rischi, in altri termini, di ondeggiare tra l'Interno e l'Esterno della scena, senza prendere una posizione decisa . come si vorrebbe per una rappresentazione rischiosa per la centralità del soggetto e la difficoltà di una bilanciata contestualizzazione. Non convince del tutto la gestione del bianco e nero, che risente un po' troppo delle bruciature sui manichini e del grigiore di quel manichino umano, che raffiguri in un micro-dinamismo senz'altro gradevole.
Vale la pena di far notare come il titolo, a differenza di troppi altri casi, sia appropriato e mai disvelante, completando e introducendo con garbo un fotogramma che non ne perde in personalità. |
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Pescatùr 2 di LoSpezzaManubri commento di civ833 |
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La bruciatura centrale, nella sua maculata struttura a chiazze vignettata dal ben più nitido scurore circostante, non riesce ad essere funzionale al rappresentato. Ne esce fuori uno scatto scialbo, anonimo nel suo punto di ripresa alto e didascalico, di scarso mordente. |
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chiacchere di lucherino commento di civ833 |
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Risente molto della forte luminosità, che ingrigisce i contrasti, del taglio in basso ma soprattutto delle auto sullo sfondo, salvate da una profondità di campo che concede troppo margine ad elementi di disturbo che inficiano, con la loro definitezza, l'atemporalità di una foto classica ma dalle buone potenzialità. La posa delle due donne più a destra, inclusa quella gamba nascosta, non convince moltissimo. |
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a. di Nash commento di civ833 |
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Peccato per i bianchi, là sopra, che feriscono un po' un'immagine senza dubbio ben congegnata e costruita, che forse avrebbe più senso vedere stampata. |
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... di furvio commento di civ833 |
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Composizione gradevole e idea interessante, per uno scatto che piacerebbe vedere più grande. |
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... di ankelitonero commento di civ833 |
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Una visione irruenta (inquadratura e messaggio decisi, quasi univoci) che risente un po' del taglio a sinistra poco convincente, ma soprattutto dello scarso contrasto e dei neri poco profondi che rendono quella camicia a quadri, quello sguardo, quella figura, più un soggetto sbiadito e amalgamato nel grigriore circostante che il centro prepotentemente espressivo di uno scatto altrimenti ben costruito. |
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Central Park di andrea110 commento di civ833 |
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Bianco e nero abbastanza convincente, per un fotogramma che risulta un po' penalizzato da quegli aloni di chiarore sulla sinistra, che finiscono per distogliere un po' troppo l'attenzione di chi guarda. La scena umana che si apprezza è sottile, statica e piovosa, distante e inaccessibile. Composizione classica ma interessante. |
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A.A.A ALTRA DIREZIONE CERCASI di giuseppegagliano commento di civ833 |
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Drammatizzazione eccessiva data dalla sovrapposizione espressiva del contrasto spinto, del titolo maldestramente enfatico e dal taglio molto chiuso a sinistra e più sbilanciato a destra, che forzano la lettura emotiva di un'immagine che dovrebbe e potrebbe parlare da sola. |
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Aspettando il verde..... Praga 2009 di ANGELOSR commento di civ833 |
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Uno scatto che vive dello sviluppo verticale delle figure umane e animali raffigurate, non può non risentire di quel taglio a sinistra, che prepotentemente ghigliottina il palo e il gomito dell'uomo, sbilanciando con violenza il punto di lettura fuori dal centro espressivo del fotogramma. Resta un leggero bisogno di maggiore nitidezza, specie sullo sguardo di lei, e la totale superfluità del titolo. |
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