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AleZan coordinatore

Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11698 Località: Bologna
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il signor mario bannato

Iscritto: 01 Ago 2006 Messaggi: 9653
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Inviato: Dom 10 Mar, 2013 1:09 pm Oggetto: |
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Un contributo interessante ma ho la sensazione che ancora non venga affrontato a fondo il problema della "veridicità" della fotografia. L'equivoco di fondo, a mio parere, sta nel considerare la fotografia un qualcosa di attendibile che racconta oggettivamente la realtà ed è chiaro che in quest'ottica ogni intervento "manipolatorio" della fotografia viene inteso come manipolazione della realtà, mentre nell'ottica della fotografia intesa come raccontare la realtà, interpretarla e darne una "visione" profondamente soggettiva, un po' come avviene con le parole, lo spazio per gli interventi "manipolatori" dell'immagine è più ampio.
Trovo questo passo "La distinzione, pressoché una contrapposizione, che Gunthert traccia fra ritocco (che si nasconde al lettore, e conferma l’apparente realismo della fotografia mentre ne sta alterando la trama) e filtro (che invece confessa ed esibisce senza problemi la sua trasformazione della superficie dell’immagine) è incontestabile, e molto utile."
estremamente "chiarificatore" di quanto dico, la distinzione tra ritocco e filtro presentata assume una connotazione "morale" nel nascondersi o palesarsi all'osservatore. |
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AleZan coordinatore

Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11698 Località: Bologna
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Inviato: Dom 10 Mar, 2013 2:50 pm Oggetto: |
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Sì, certo.
Mi pare che in effetti ormai la critica all'oggettività della fotografia sia un dato acquisito dalla maggioranza. Una foto non dice la verità (e non mente) di più di un resoconto scritto.
Poiché quindi si dà per ineludibile il "fattore umano", diventa importante tentare di definire quantità e qualità accettabili dell'intervento soggettivo del fotogiornalista.
La distinzione ripresa dall'articolo di Gunthert, tra ritocco e filtro, mi pare condivisibile.
È evidente che togliere (o aggiungere) qualcosa ad una foto fatta a scopo giornalistico è qualcosa di inaccettabile.
Mi viene soltanto da aggiungere che anche la scelta dell'inquadratura è uno strumento con cui il fotografo taglia o aggiunge qualcosa. E quindi anche in questo semplice caso si pone il tema della correttezza etica.
Per quanto riguarda il "filtro", cioè il grado di accentuazione della fotografia attraverso il trattamento digitale, mi pare che lo si possa paragonare all'enfasi che si dà (o non si dà) al testo scritto. Come già proposto da Smargiassi in un suo recente post nello stesso suo blog.
Così come risulterebbe "strano" un articolo di cronaca scritto con lo stile di un libretto d'opera, allo stesso modo sembrano fuori luogo in un contesto fotogiornalistico gli eccessivi interventi di post-produzione.
Resta da capire se un eventuale "eccesso di filtro", cioè un'inapropiatezza nello stile narrativo, possa essere causa di una seria alterazione del contenuto dell'immagine e quindi diventare motivo di censura della foto, ad esempio nei concorsi internazionali. _________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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il signor mario bannato

Iscritto: 01 Ago 2006 Messaggi: 9653
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Inviato: Dom 10 Mar, 2013 4:51 pm Oggetto: |
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È in questo differenziare la foto grafia dal testo, nel riconoscere una soggettività alla fotografia, dato acquisito secondo me non dalla maggioranza ma da un'esigua minoranza soprattutto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori e ai critici, la si continua comunque a differenziare dal testo scritto, a cercare di porre dei paletti che nella narrazione verbale non esistono, non trovo discussione sulle leicità dell'omettere o meno dei particolari nella narrazione di un evento ma trovo decine di discussioni sulla leicità di omettere o meno dei particolari in una foto e, come giustamente fai notare tu, questo processo può avvenire anche in fase di ripresa. In altre parole è come se si continuasse a dire che sì è vero che la fotografia è soggettiva, quindi interpretazione personale della realtà, ma per sua stessa natura appare oggettiva e quindi occorre chiarire che non è lecito intervenire su di essa modificando ciò che la fotocamera, erroneamente supposta oggettiva, ha ripreso. Sì continua a chiedere ad un mezzo soggettivo e ad un operatore per forza di cose attivo e quindi autore della soggetivazione del prodotto di essere oggettivo.
Io preferisco credere che una fotografia non mi riporta la realtà ma un'interpretazione della realtà, non come è un evento o un luogo ma come il fotografo ha visto, interpretato un evento o un luogo e in quest'ottica mi cambia poco se il fotografo opera interventi più o meno invasivi sulla fotografia finale. |
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