L'Aquila 13 maggio - giorno 37 post Egira

[AlexKC]

Solo il canto degli uccelli. Un canto senza retorica, il solito, sugli stessi alberi, senza la paura che contraddistingue gli uomini. Gli uccelli però vivono per volare, dove la terra non ondeggia strappando edifici e vite ai propri luoghi. È quello l'unico rumore – tutto il resto è un silenzio asmatico, senza respiro di una cittàspettro che accoglie solo uomini tristi che tornano alle loro case in-esistenti per raccattare quello che rimane di una vita che si vive ormai solo a metà. Gli occhi vedono macerie. Nient'altro che macerie. Gli occhi vedono anche il silenzio perché è troppo forte e innaturale per passare inosservato. Si entra in una vita sospesa attraversando il centro storico, osservando quell'insegna in pietra che indica via XX settembre. C'è un odore forte di vegetazione misto a calce-metallo-terra. È un non-odore. Gli uomini della protezione civile ci scortano, hanno uno spirito deciso, ma estremamente gentile tipico di chi ha come primo automatismo quello di aiutare gli altri in maniera efficiente. Un ragazzo di La Spezia mi dice che non vogliono metterci fretta, ma sai, ogni giorno accompagniamo nelle case gente che ogni volta che ci entra rischia la vita perché quello che resta può venir giù in qualunque momento. E allora ti senti inadatto a stare lì solo per documentare e vorresti fuggire lontano e nasconderti al mondo per sempre. Ma quando esci dal loculo che è il centro storico, da quel silenzio agghiacciante e pieno di morte, vedi che la città vive. Molti negozi sono aperti e gli aquilani sono ben disposti a offrirti un sorriso e un aiuto se hai bisogno di qualcosa. Le stesse cose che tu vorresti render loro con gli occhi lucidi di chi capisce che dolore può essere stato solo qualche giorno prima. E c'è anche chi riesce a scherzarci su: quando c'è una nuova scossa e siamo al bar scappiamo tutti fuori e il barista ci guarda di traverso come a dirci 'mica vorreste andar via senza pagare?'