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sulla fotografia in bianco e nero
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Autore Messaggio
claudiom
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 9:35 am    Oggetto: sulla fotografia in bianco e nero Rispondi con citazione

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federico
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 9:52 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Grazie a te per la trascrizione.

Ciao

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marco64
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 10:00 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Grazie a te, Claudio.
"Ridotta ai minimi termini l’intenzione del fotografo è la seguente: primo, cifrare i suoi concetti di mondo sotto forma di immagini. Secondo, servirsi a questo scopo di un apparecchio foto"
Il secondo passaggio non è scontato, a mio parere.
Perchè la fotografia e non un'altro mezzo espressivo?
Per quello che mi riguarda il non saper disegnare o dipingere certo ha il suo peso, ma, credo, non così determinante.

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federico
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Messaggi: 130
Località: lago di como

MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 10:10 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Noto che la necessità di vincere l'apparecchio è davvero distante dalla tipologia degli apparecchi odierni, che in molti casi, non ti permettono neanche di pensare.
E allora, mi pare che sia sempre più importante creare una nuova cultura fotografica, una robusta potatura, ripensando a quali siano le profonde ragioni del fare la fotografia.

Ciao.

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federico
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giorgiospugnesi
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 12:03 pm    Oggetto: Re: sulla fotografia in bianco e nero Rispondi con citazione

claudiom ha scritto:
Sulla base di questo criterio, la “migliore” fotografia sarà quella in cui l’intenzione umana ha sconfitto il programma dell’apparecchio, quella cioè in cui il fotografo ha sottomesso l’apparecchio all’intenzione umana.


Corollario 1: più l'apparecchio è semplice, più è facile fare buone fotografie.
Corollario 2: fare buone fotografie con l'ultimo modello di apparecchio automatico è impresa alquanto complessa.
Corollario 3: capisco e apprezzo ancora di più i fotografi stenopeici perché hanno meno da piegare.

Giorgio

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AleZan
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 12:04 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

claudiom ha scritto:
La domanda che la critica fotografica deve porre alla fotografia è quindi la seguente: in che misura il fotografo è riuscito a sottomettere il programma dell’apparecchio alla propria intenzione e attraverso quale metodo? E viceversa: in che misura l’apparecchio è riuscito a deviare l’intenzione del fotografo a favore del programma dell’apparecchio e grazie a quale metodo?
Sulla base di questo criterio, la “migliore” fotografia sarà quella in cui l’intenzione umana ha sconfitto il programma dell’apparecchio, quella cioè in cui il fotografo ha sottomesso l’apparecchio all’intenzione umana.


La necessità di esplicitare la propria intenzione e di verificare il risultato nel confronto con chi osserva la fotografia stampata è uno dei miei chiodi fissi, come si sarà accorto chi mi stava seduto accanto a tavola il 23 a Bologna.

Chiarirsi sulle proprie "intenzioni" (renderle prima di tutto esplicite a se stessi) sta ancora un passo prima dell'imparare a "sottomettere l'apparecchio".

Tutto questo è poi una fattispecie specifica del tema gnoseologico più generale de "l'intenzione dell'altro". Argomentone..... Smile

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marco64
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 12:56 pm    Oggetto: Re: sulla fotografia in bianco e nero Rispondi con citazione

giorgiospugnesi ha scritto:
claudiom ha scritto:
Sulla base di questo criterio, la “migliore” fotografia sarà quella in cui l’intenzione umana ha sconfitto il programma dell’apparecchio, quella cioè in cui il fotografo ha sottomesso l’apparecchio all’intenzione umana.


Corollario 1: più l'apparecchio è semplice, più è facile fare buone fotografie.
Corollario 2: fare buone fotografie con l'ultimo modello di apparecchio automatico è impresa alquanto complessa.
Corollario 3: capisco e apprezzo ancora di più i fotografi stenopeici perché hanno meno da piegare.

Giorgio

Aggiungerei:
Se un apparecchio ti fa sembrare facile ciò che invece richiede impegno ( ma migliora le tue capacità ) allora è meglio evitarlo.

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ldani
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 2:31 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Non confondiamo programma con automatismi o modernità.

Per riprendere l'esempio stenopeico (che è un estremo):
se io come fotografo ho "cifrarto i miei concetti di mondo sotto forma di immagini" e questa cifratura prevede molto sfocato e solo un piano nitido; sconfiggere il programma della macchina stenopeica risulterà molto complesso.

Daniele.

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AleZan
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 3:57 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

ldani ha scritto:
Non confondiamo programma con automatismi o modernità

Esatto.
Mi pare di capire che per "programma dell'apparecchio" si intenda il paradigma tecnico entro il quale il fotografo deve stare.

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giorgiospugnesi
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 3:58 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

ldani ha scritto:
Non confondiamo programma con automatismi o modernità.


Giusto! intendevo che più un apparecchio è limitato più facilmente si raggiunge il limite dell'attrezzatura e prima si può dire "ho fatto il massimo che potevo". Diabolico

Giorgio

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Daniele Nesi
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 5:17 pm    Oggetto: Re: sulla fotografia in bianco e nero Rispondi con citazione

claudiom ha scritto:
Un esercizio di copiatura da:

PER UNA FILOSOFIA DELLA FOTOGRAFIA
Vilém Flusser

La lotta della scrittura contro l’immagine, della coscenza storica contro la magia, caratterizza tutta la storia...i testi non significano il mondo, i testi significano le immagini che strappano.

Le foto in bianco e nero sono la magia del pensiero teorico, in quanto trasformano il discorso teorico lineare in superfici.
In questo risiede la loro bellezza che è la bellezza dell’universo concettuale. Molti fotografi preferiscono le foto b/n a quelle a colori, poichè in esse si manifesta più chiaramente il significato proprio della fotografia, ovvero il mondo dei concetti.
Le foto b/n sono più concrete, e in questo senso, più vere: esse rivelano la loro origine teorica in modo più chiaro; e viceversa: più i colori diventano “autentici”, più sono menzogneri, e più dissimulano la loro origine teorica.

Ridotta ai minimi termini l’intenzione del fotografo è la seguente: primo, cifrare i suoi concetti di mondo sotto forma di immagini. Secondo, servirsi a questo scopo di un apparecchio foto. Terzo, mostrare agli altri le foto così ottenute, affinchè possano servire loro da modelli per la loro esperienza, conoscenza, valutazioni e azioni. Quarto, far sì che questi modelli durino il più possibile...per il fotografo i suoi concetti e le rappresentazioni che sono significate da quei concetti, sono la cosa principale nel fotografare, e a questa cosa deve servire il programma dell’apparecchio…
La domanda che la critica fotografica deve porre alla fotografia è quindi la seguente: in che misura il fotografo è riuscito a sottomettere il programma dell’apparecchio alla propria intenzione e attraverso quale metodo? E viceversa: in che misura l’apparecchio è riuscito a deviare l’intenzione del fotografo a favore del programma dell’apparecchio e grazie a quale metodo?
Sulla base di questo criterio, la “migliore” fotografia sarà quella in cui l’intenzione umana ha sconfitto il programma dell’apparecchio, quella cioè in cui il fotografo ha sottomesso l’apparecchio all’intenzione umana.

grazie per l'attenzione,ciao claudiom



tanta carne al fuoco
cominciamo da questa...

>>più i colori diventano “autentici”, più sono menzogneri, e più dissimulano la loro origine teorica.

di seguito una serie di Haas nella quale appare evidente come sia riuscito a piegare il colore, per molti il vero soggetto, alla sua volontà

sull'autenticità del colore o meno lascio a voi



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claudiom
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MessaggioInviato: Lun 01 Dic, 2008 5:24 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Dunque, come già si sapeva, Haas conferma la "veridicità" dello scritto.

ciao claudiom
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mrgilles
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MessaggioInviato: Mar 02 Dic, 2008 7:17 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

devo leggere con calma l'intervento di claudiom.
più ci penso e meno capisco..probabilmente dentro c'è la risposta al mio quesito in "Bianco e Nero"..

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claudiom
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MessaggioInviato: Gio 04 Dic, 2008 12:10 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Togli il probabilmente, Gilles.

Smile ciao claudiom
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Daniele Nesi
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MessaggioInviato: Gio 04 Dic, 2008 11:19 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

>>La domanda che la critica fotografica deve porre alla fotografia è quindi la seguente: in che misura il fotografo è riuscito a sottomettere il programma dell’apparecchio alla propria intenzione e attraverso quale metodo? E viceversa: in che misura l’apparecchio è riuscito a deviare l’intenzione del fotografo a favore del programma dell’apparecchio e grazie a quale metodo?
Sulla base di questo criterio, la “migliore” fotografia sarà quella in cui l’intenzione umana ha sconfitto il programma dell’apparecchio, quella cioè in cui il fotografo ha sottomesso l’apparecchio all’intenzione umana.

al di la del "programma" che tu hai in testa, e che evidentemente non è dato a sapersi, hai ridotto ad una mera disputa tra fotografo e mezzo quello che in realtà è la capacità di quelli bravi di piegare il soggetto alla propria volontà. Va da se che se un fotografo è cosi bravo da piegare alla sua volontà quello che sta inquadrando lo fa attraverso il mezzo, cioè la fotocamera...per forza deve avere il controllo, la conoscenza dell'aggeggio che ha per le mani..non fosse cosi finirebbe col subire quello che dovrebbe invece dominare
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claudiom
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MessaggioInviato: Ven 05 Dic, 2008 8:13 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Non ho in testa nessun programma e ritengo quello che ho riportato vero, sennò non me lo copiavo.
Secondo me la disputa in tutte le arti, compresa la danza, è sempre tra la tekne e la volontà dell'autore, mai si disputa tra soggetto e autore.
Nel completo asservimento della tecnica sta la base imprescindibile del fare artistico.

E dico proprio "asservimento" e non mera conoscenza del mezzo, chiaramente pensando a Giacomelli e ad HCB.

Idea che pare tornare un po' di moda, perseguita com'è da non pochi artisti, come ben si vede, se si vuol vedere.

così la penso.
ciao claudiom
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Riso
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MessaggioInviato: Ven 05 Dic, 2008 10:01 am    Oggetto: Rispondi con citazione

giorgiospugnesi ha scritto:

Giusto! intendevo che più un apparecchio è limitato più facilmente si raggiunge il limite dell'attrezzatura e prima si può dire "ho fatto il massimo che potevo". Diabolico



"Il massimo che potevo" è un concetto che riguarda solo se stessi ed è assolutamente irrilevante per chiunque guardi la foto, ciò che importa è se il risultato è buono o meno.

Se al ristorante mi portano un piatto di pasta che fa schifo a me non interessa nulla che abbiano messo lo zucchero al posto del sale perchè quest'ultimo era finito e non avrebbero potuto fare di meglio. La pasta fa schifo ugualmente e io gliela rimando indietro.



claudiom ha scritto:
Nel completo asservimento della tecnica sta la base imprescindibile del fare artistico.



Se così fosse bisognerebbe depennare ogni deriva concettuale dai libri di storia dell'arte.

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mrgilles
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MessaggioInviato: Ven 05 Dic, 2008 10:32 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Riso ha scritto:


claudiom ha scritto:
Nel completo asservimento della tecnica sta la base imprescindibile del fare artistico.



Se così fosse bisognerebbe depennare ogni deriva concettuale dai libri di storia dell'arte.


Grat Grat per piacere, se lo ritieni, argomenta e spiega..sono ignorante e curioso.

Grazie!

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AleZan
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MessaggioInviato: Ven 05 Dic, 2008 10:45 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Riso ha scritto:
claudiom ha scritto:
Nel completo asservimento della tecnica sta la base imprescindibile del fare artistico.

Se così fosse bisognerebbe depennare ogni deriva concettuale dai libri di storia dell'arte.


A mio modesto parere è l'esatto opposto. Cioè è proprio questo "asservimento", inteso come "dominio", che apre alla possibilità di una "deriva".

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Riso
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MessaggioInviato: Ven 05 Dic, 2008 11:03 am    Oggetto: Rispondi con citazione

mrgilles ha scritto:

Grat Grat per piacere, se lo ritieni, argomenta e spiega..sono ignorante e curioso.

Grazie!



In quasi tutta l'arte concettuale la padronanza della tecnica è un elemento pressochè irrilevante dal momento che la forma estetica è marginale ed è invece predominante il significato dell'opera, il pensiero che vi sta dietro.


Padroneggiare la tecnica o sottomettere il mezzo espressivo non sono pertanto condizioni necessarie al fare artistico di cui diceva claudiom.



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