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E se ... ne avessimo scattate troppe?

 
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Autore Messaggio
Ugolino Conte
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Iscritto: 21 Ago 2012
Messaggi: 320

MessaggioInviato: Gio 26 Nov, 2015 8:05 pm    Oggetto: E se ... ne avessimo scattate troppe? Rispondi con citazione

Punzecchio, stuzzico, mi interrogo, ho dubbi.

Se avessimo scattato troppe foto? Se l'ipotetica capacità "X" della società dell'immagine fosse stata raggiunta ed il piacere estetico avesse lasciato spazio alla bulimia visiva?

Se la capacità fosse stata veramente raggiunta, continuando ad agire per il piacere, l'abitudine, la consuetudine ad agire, ma non per il senso e per lo scopo dell'agire?

Fotografare è facile, ancor di più per il ''nativo digitale", produrre e condividere immagini è la cosa più semplice, il mercato lo ha capito ed offre un immenso luna park di mezzi in cui il mezzo è deificato e lo scopo, spesse volte, perduto, la comunicazione un vuoto canale, conduttura senz'acqua.

E se la bulimia si fosse già tradotta in pesantezza e nauesa, nel reflusso sensoriale in cui il bello e il brutto, l'utile e l'inutile, il sensato e l'insensato, le idee e i deserti mentali si tengono a braccetto e si lanciano in una folle danza in cui niente ha più un peso specifico?

Se tutto questo fosse vero, se fosse già avvenuto, non sarebbe giusto tornare ad osservare prima di fotografare, osservare pensare e poi fotografare, osservare pensare e chiedersi il senso e lo scopo dell'agire prima di agire, osservare pensare chiedersi il senso e lo scopo dell'agire prima dell'agire e poi scegliere che, forse, in quel caso non è opportuno agire.

Una foto in meno, a volte, è meglio di una foto in più. Una foto in meno, oggi, è meglio di una foto in meno di dieci anni fa. Ma non ho certezze, ho dubbi.
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Sisto Perina
bannato


Iscritto: 16 Giu 2007
Messaggi: 21894

MessaggioInviato: Gio 26 Nov, 2015 8:43 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Il mercato dirige l'orchestra e noi nemmeno siamo i musicisti, forse gli ascoltatori anche se spesso cattivi ascoltatori.
La tecnologia ha semplificato l'acquisizione dell'immagine, ha ridotto "alcuni" costi ampliando l'utenza fotografica ed ha portato la digitalizzazione dappertutto.
Ammettiamolo, un notevole progresso; certamente già visto in altre epoche e in altri settori ma al contempo destinato ed irrefrenabile.
E' indubbio che la facilità di scatto sia alla portata di tutti e che i social abbiano aiutato non poco a far proliferare l'abuso di immagini.
Detto questo son certamente d'accordo con le tue considerazioni e i tuoi leciti dubbi ma mi permetto pure di non essere così pessimista Very Happy .
In questa smisurata iperproduzione con un'altissima percentuale di scatti "ad caxxum" sai che sfida riuscire a trovare "l'artista pensante"? Sai la soddisfazione di scovare l'eccellenza fra tante modeste proposte? ed infine, sai com'è bello leggere di qualcuno che si pone queste domande?
Fermarsi a ragionare, ogni tanto, sarebbe l'imperativo per scendere dal treno della frenesia impulsiva da scatto.... ma ricordati che son tanti quelli che non vogliono perdere la corsa; per cosa e dove poi? mah!!!

ps

un piacere rileggerti
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SlowFlyer
utente attivo


Iscritto: 27 Ott 2009
Messaggi: 1134

MessaggioInviato: Gio 26 Nov, 2015 9:56 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

La questione della sovrabbondanza di informazione vale un po' per tutto, non solo per la fotografia. Un paio di economisti hanno affrontato la situazione ribaltandola, e secondo me è un punto di vista interessante che può servire sia per tranquillizzarsi che per una definitiva botta di pessimismo, dipende da come la prendi:
- Herbert Simon, "L'abbondanza di informazione genera scarsità di attenzione". E fin qui amen, ma:
- Michael H. Goldhaber: "in un’economia digitale esiste una risorsa scarsa ed è l’attenzione umana. Per ottenere attenzione, “occorre emettere qualcosa che è tecnicamente definibile come informazione, ma affinché un’informazione abbia un qualsiasi valore, essa deve ricevere attenzione. (...)
Il filtro che prima era alla fonte (alla pubblicazione: il gatekeeper, guardiano della porta) ora esiste ancora, ma è trasferito alla fase di accesso alle informazioni disponibili, all'attenzione che gli diamo, o che viene attratta verso di esse. "


Un modo di interpretare queste osservazioni è che, poche o tante che ne esistano, probabilmente le fotografie viste sono sempre più o meno nella stessa quantità. Quali vengano viste realmente dipende da che meccanismo di attrazione dell'attenzione viene usato...

_________________
..................................................
Canon 60D + Tamron 17-50/2.8 VC + Canon 24/2.8 STM + Sigma 50-150/2.8 + Canon 55-250IS; Sony Nex6 + 16-50; alcuni vecchi obiettivi in M42 e non solo.
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Carcarlo1
utente


Iscritto: 25 Nov 2013
Messaggi: 182

MessaggioInviato: Dom 13 Dic, 2015 2:07 pm    Oggetto: Re: E se ... ne avessimo scattate troppe? Rispondi con citazione

Ugolino Conte ha scritto:
Punzecchio, stuzzico, mi interrogo, ho dubbi.

Se avessimo scattato troppe foto? Se l'ipotetica capacità "X" della società dell'immagine fosse stata raggiunta ed il piacere estetico avesse lasciato spazio alla bulimia visiva?

.


Togli il " se ".

Abbiamo già raggiunto ed abbondantemente oltrepassato la nostra capacità di osservare e di capire. Siamo assaltati e sopraffatti da una inverosimile quantità di informazione, sia fotografica che scritta e parlata, che quasi tutto non ha più senso, e ci si ritrova spaesati.
Come si può rimanere assetati, se c'è acqua dappertutto e piove sempre ?
Entrate in una libreria: migliaia di titoli, che per la maggior parte non venderanno che dieci copie: tutti scrivono, nessuno legge. Tantissima gente conosciamo che dice "ho scritto un libro ! ", frase che cent'anni fa poteva essere seguita da un ooooh !, e oggi viene seguita al massimo da uno sbadiglio.
Vi ricordate i negozi di musica ? Vinile e cd ? Non esistono quasi più: grazie alla tecnologia e all'abbattimento dei costi, tutti cantano e suonano, e nessuno ascolta. Non c'è più la capacità di capire cosa è bello, cosa è arte, cosa è spazzatura: come sempre, la moneta cattiva scaccia quella buona.
Pensate a quanto orrore viene oggi spacciato per informazione: immagini e video di incidenti stradali mortali, sparatorie, decapitazioni: l'informazione, e l'immagine come suo veicolo, non è più un modo per capire il mondo in cui viviamo, ma è diventata un prodotto commerciale. Perduto ogni senso di orientamento, la morte è diventata spettacolo, intrattenimento, argomento di frivole discussioni specie se i morti sono almeno cento alla volta.
E fotografie, immagini, più orribili e drammatiche sono, più vendono la pubblicità che gli mettono attorno.
Siamo al consumismo culturale, mandiamo giù di tutto, e pensiamo a quanto tempo magari ci è voluto per quella bellissima foto notturna svegli fino all'alba cento tentativi duemila euro di attrezzatura poi la fai vedere agli amici, tre secondi di curiosità, "ah sì carina però " e si cambia argomento. Vale la pena ?
Per capire quel che sappiamo davvero, abbiamo dovuto studiare anni: spaccarsi la testa sui libri, esercizi, esami. E' così che puoi valutare per quale motivo il romanzo Anna Karenina è meglio di Tre metri sopra il cielo, e che l'inno alla gioia di Beethoven è tre anni luce sopra Caparezza, e inorridisco quando vedo gente che all'adagio di Albinoni dice uffa che noia. Ci sarà un motivo per cui certi romanzi e certe melodie resistono da due o tre secoli, mentre dei miliardi di fotografie fatte in questo secolo rimarrà quasi nulla.
Siamo saturi, senza direzione, accettiamo tutto senza più criticare o discutere, siamo a una normalità che prevede bambini con tre madri, la protezione dei delinquenti, l'esaltazione dei bancarottieri, la normalità dei bombardamenti, l'ovvietà della miseria con tanto di premi fotografici per le immagini più strappalacrime, magari fotoscioppate per far piangere di più.
Un altro dramma è il politicamente corretto: non si può più dire che una cosa è meglio di un'altra, perché poi quest'ultima si offende. E allora è meglio appiattire tutto, è tutto bello è tutto buono siamo tutti fotografi, e se una foto è brutta non è brutta ma è l'autore che intendeva esprimere il senso metaplastico della sua personale ermeneutica cosmica: marketing, appunto.
Le abbiamo viste tutte, in un certo senso. Ma quando di una cosa ce ne sta troppa, allora c'è inflazione, perdita di valore: se ci fosse oro in abbondanza, non varrebbe niente. Così per la fotografia: ce ne sta assolutamente troppa, e non vale quasi più niente.
Questo almeno i miei 2 cents.
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