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ADDIO CAPITANO

 
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Guzzler
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MessaggioInviato: Ven 30 Nov, 2007 12:17 pm    Oggetto: ADDIO CAPITANO Rispondi con citazione

CALCIO:AVELLINO;MORTO LOMBARDI CAPITANO IN A,AMMALATO DI SLA (ANSA) - AVELLINO, 30 NOV - È morto Adriano Lombardi, ex calciatore e capitano dell'Avellino negli anni '70 e '80. Lombardi, di 62 anni, nato a Ponsacco, in provincia di Pisa, si è spento questa mattina alle ore 7 nella sua abitazione di Mercogliano (Avellino). Gli erano accanto la moglie, Luciana e le due figlie. L'ex calciatore era da tempo ammalato di sclerosi laterale amiotrofica, la patologia conosciuta come morbo Lou Gherig che gli aveva lentamente ma progressivamente divorato i muscoli e inibito anche i più semplici movimenti. Lombardi ha affrontato la terribile malattia con dignità e coraggio esemplari. La squadra dell'Avellino era rimasta sempre nel suo cuore: da calciatore ha disputato con la maglia degli irpini quattro campionati, compreso quello della storica promozione in serie A nel 1979, poi, dopo essersi ritirato, ha guidato come allenatore la squadra irpina per tre stagioni. (ANSA).

Intervista rilasciata a Repubblica 14/02/2003

Ho giocato con Tardelli e Vierchowod, ma adesso non ce la faccio nemmeno a
grattarmi la testa. Lo devo chiedere alle mie bambine. Ho fatto i corsi di
allenatore con Lippi e Scoglio, ma ora non riesco più a girarmi nel letto. Lo
devo chiedere a mia moglie. Ho giocato 500 partite di campionato, quasi tutte
con la fascia da capitano, ora non posso giocare più a niente, nemmeno a
vivere. Sono un altro calciatore condannato dal morbo di Gehrig, come
Signorini, morto l'anno scorso a 42 anni, come Minghelli, che ha 30 anni e come
me è sulla sedia a rotelle".
Adriano Lombardi muove ancora un po' le mani. Ma solo un po'. "L'ultima volta
che ho preso in braccio mia figlia, mi è caduta, è stato mesi fa. Non riesco
più a stringere nulla, questa malattia si mangia i muscoli. Mi sono accorto che
qualcosa non andava quando non ho più avuto la forza di farmi la barba. Ma
tutto è cominciato due anni fa, con dei crampi pazzeschi in tutto il corpo, mi
facevano male anche le costole. Così sono andato al neurologico di Napoli, dove
mi hanno tenuto in ballo per dieci mesi, senza dirmi niente. Poi ho visto il
povero Signorini in tv, e quella sera andando a letto ho pensato: anch'io ho
quella cosa lì. Ho chiamato a casa sua, ho parlato con la moglie, mi ha detto
che Gianluca era sempre stanco, che non parlava, che non deglutiva, che la
malattia si poteva diagnosticare, c'era un esame da fare. Sono andato dal
professor Silani, mi ha messo aghi ovunque, potenziali evocati, così si chiama
l'esame. In tre giorni ho avuto la risposta: morbo di Gehrig, Sla, sclerosi
laterale amiotrofica. Ma non l'ho detto a nessuno. Sono uscito dall'ospedale di
Milano e appena sono salito in treno mi hanno chiamato per offrirmi la panchina
del Campobasso. Sul momento ho pensato: perché no? Poi mi sono detto: ma dove
vado? Cammino a fatica, non riesco a vestirmi. Così ho trovato una scusa".
Lei ha smesso di giocare nell'83. Quasi vent'anni fa.
"Sì a 38 anni, dopo 18 campionati, l'ultimo a Como, ho fatto anche una stagione
in Svizzera, un ambiente tranquillo, pagano bene, ma non è calcio. E poi sono
razzisti, se non parlavi in tedesco i giornalisti non ti stavano a sentire,
anzi per protesta abbandonavano la sala-stampa. Io ho cominciato presto a
giocare a calcio, sono nato a Ponsacco, in provincia di Pisa, nel '45, facevo i
sacrifici per andare ad allenarmi a Pontedera, 60 chilometri tra bici e
corriera, a 19 anni arrivai nel settore giovanile della Fiorentina, niente
prima squadra, c'era Chiappella come allenatore e in campo gente più brava di
me, Chiarugi, De Sisti, Merlo. Così cominciai a girare l'Italia: a Cesena in C,
a Empoli, a Lecco, a Como, a Rovereto, a Piacenza, a Perugia, ad Avellino
giocavo con Roggi, con Montesi, che sul calcio diceva delle cose terribili ma
vere, e che in campo dava l'anima, con Galasso che era di Lotta Continua. Come
allenatori ho avuto Bersellini, Marchioro, Marchesi. In serie A ho segnato tre
gol, a Tancredi, Piotti e Bordon. Ero soprattutto un organizzatore di gioco. Ma
sono diventato famoso perché nella partita Milan-Avellino, nel 1978, avevo
dimenticato i documenti, e l'arbitro Mattei fu inflessibile. Disse che non mi
conosceva e mi fece accomodare in tribuna. Il giorno dopo alcuni giornali
riportarono le foto di tutte le volte in cui Mattei mi aveva arbitrato".
Ha avuto incidenti seri in carriera?
"No. Nessuna operazione. Ginocchia a posto. Ho avuto fratture alle caviglie, ho
portato il gesso. Ho preso molti antidolorifici e antinfiammatori, allora si
usava il Voltaren, mi hanno fatto flebo, questo sì, ma non solo a me. Dicevano
che erano acqua e zucchero, mi sono fidato, cosa ci fosse dentro non so. Non ho
sospetti, non ho dati che mi dicano che questa malattia è professionale. Ma il
mondo del calcio è l'unico che conosco, m'imbarazza chiedere, non voglio
privilegi, ma se devo, preferisco rivolgermi ad un ambiente che conosco e che è
stato la mia vita".
Per le cure si è rivolto anche all'estero?
"Sì a Pittsburgh, mi hanno detto che potevano solo confermare la diagnosi.
Prendo il Rilutek che dovrebbe ritardare l'effetto degenerativo. E' una
malattia subdola, perché quando ti manda avvisi è troppo tardi. Da giugno ad
oggi mi ha ammazzato, non riesco a piegare la mano destra, non riesco a
chiudere la sinistra. I muscoli diventano insofferenti, hanno contorsioni, si
muovono da soli, il termine è fascicolazione. Mi sono anche rivolto alla
dottoressa Letizia Mazzini a Torino, che sperimenta il trapianto di cellule
staminali. Però in questo momento tutto è sospeso. Dico la verità, io sono
pronto a fare qualsiasi cosa mi propongano. Tre mesi fa ho guidato l'auto fino
in Calabria, è stato il mio ultimo atto di indipendenza. Da allora non esco più
di casa, sono prigioniero della malattia, della carrozzella, di un'abitazione
che devo modificare perché ormai non riesco più a muovermi. L'ultima volta che
ho provato ad entrare nella vasca da bagno da solo mi sono rotto una costola.
Luciana, mia moglie, è convinta che certe analisi fatte sei anni dopo aver
smesso di giocare, evidenziavano qualcosa che non andava".
Come ha dato la notizia ai suoi figli?
"Ai tre più grandi, a Filippo e ad Andrea che sono gemelli e hanno 31 anni, a
Paola che ne ha 29, ho detto le cose chiaramente. Sono figli della mia prima
moglie, morta a 42 anni di un tumore che dal seno era arrivato al cervello.
Anche se non stavamo più insieme, sono andato ad assisterla, perché lei me lo
aveva chiesto. E non dimenticherò mai, quando ormai non riusciva più a
respirare, i suoi occhi dilatati, che quasi uscivano fuori dallo sforzo. Ho
paura, so che mi aspetta la stessa fine, pensavo di essere uno che ha forza e
coraggio, che riesce a tenere la testa insieme, invece non va così. Hanno paura
anche loro, i miei ragazzi, che hanno già perso la mamma".
Lei ha anche due gemelle di quattro anni.
"Sì, Sara e Mara, che ho avuto da Luciana, la mia seconda moglie, che ha 14 anni
meno di me. Se chiedo aiuto, se ne ho diritto, è soprattutto per loro, per non
ridurle a fare le mie schiave. Finora non ho mai dato notizia della mia
malattia perché non volevo essere un caso pietoso, ma adesso non ho più tempo.
Questa malattia ti mangia in fretta, come farò con il computer quando non
muoverò più le dita? Dove e con che cosa passerò i miei giorni? Nella mia
carriera ho guadagnato e non ho buttato via i soldi, ma adesso ho bisogno di
una gestione diversa della mia vita, da solo non ce la faccio più".
E' un caso che il morbo di Gehrig stia attaccando i calciatori? Si parla di 13
morti e di altri 32 affetti dalla malattia?
"Vuole sapere se la causa è il doping? Non lo so. Io per conto mio non mi sono
mai dopato. Ho avuto un compagno che una volta mi disse di aver preso una
pasticca, visto che la partita era molto importante, credo avesse preso una
sostanza eccitante. Io vengo da una famiglia di sport, mio padre giocava
centravanti, fu squalificato per cinque anni perché picchiò un arbitro che gli
aveva annullato un gol. Siamo gente di campo, piena di difetti, ma non da
doping. Le città che da allenatore ricordo con più piacere sono Giarre, dove
andavo sempre a pescare e Trieste dove in certi bar i vecchi andavano a giocare
a dama e a parlare di letteratura. E io stavo lì ad ascoltare. Ma adesso non ho
più tempo".


ADDIO CAPITANO!



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passiflora
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Località: Piacenza

MessaggioInviato: Ven 30 Nov, 2007 3:03 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Caro Oreste,
la scomparsa di una persona stimata lascia un vuoto dentro.

Partecipo al tuo dolore e a quello dei famigliari del Capitano Lombardi.

Simona

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Dovunque tu vada, vacci con il tuo cuore.
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Marco Petrino
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MessaggioInviato: Ven 30 Nov, 2007 8:10 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Non credo che il doping non c'entra nulla. Quanti sportivi sono stati dopati senza saperlo? E' terribile.

Addio Adriano...un pensiero alla tua famiglia.

Grazie Oreste per aver portato tutti a conoscenza di questa tragedia.

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Guzzler
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MessaggioInviato: Ven 30 Nov, 2007 10:05 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Come sempre siete molto sensibili.
Grazie Simona, grazie Marco.

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PennyRED
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MessaggioInviato: Ven 30 Nov, 2007 11:22 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Non conoscevo questa storia.... ma lui lo conoscevo, sai mia madre è avellinese...

Straziante l'intervista, ti fa pensare...
Spero solo che gli sportivi, i calciatori, non lo dimentichino mai.

Grazie Guzzler per questo omaggio.

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Guzzler
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MessaggioInviato: Sab 01 Dic, 2007 1:15 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Grazie a te Rosa
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ZUZU
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MessaggioInviato: Dom 02 Dic, 2007 6:03 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Caro Guzzler io lavoro presso un centro di ricerca universitario che studia la malattia che ha portato via il Capitano Lombardi.
Spesso ho sentito chiamare in causa il doping come possibile responsabile della SLA ma in realtà sono moltissime le persone affette che non hanno mai assunto nulla di molto diverso da un'aspirina. In linea di massima il doping sportivo ha come obiettivo quello di incrementare le prestazioni fisiche in termini di resistenza e potenza muscolare ma in questa malattia la perdita delle capacità motorie sono un effetto secondario, in realtà viene colpito un gruppo di nervi nel midollo spinale necessari proprio ad impartire gli "ordini di movimento" ai muscoli, se questi non ricevono stimoli praticamente si atrofizzano. Per quanto riguarda le cause di questa patologia sono note solo nel 2-4% dei casi nel restante 90 e rotti % ancora non è stata trovata una causa comune. Comunque questa è una malattia genetica con molte possibili varianti e sostanzialmente non se ne sa moltissimo non perchè non venga studiata ma perchè è molto complessa. Per rendere l'idea ti faccio un esempio: supponi di essere allo stadio con altri 30.000 spettatori, tutti e 30.000 si conoscono fra di loro e ciascuno fa la sua parte nel sostenere la squadra. A volte un tifoso a caso puo' rimanere a casa perchè non sta bene ma la squadra continua a vincere o pareggiare, però a volte il tifoso a caso determina la sconfitta disastrosa della squadra. Domanda: il tifoso che fa perdere la squadra è del tutto casuale o no? se non è casuale perchè la squadra perde? ma è proprio lui la causa o il suo vicino di posto che per qualche altra ragione risente di questa assenza? Inoltre perchè il tifoso a caso sta male proprio nel giorno della partita?
Questa semplificazione è più o meno il problema da risolvere e comunque a mio modo di vedere le cose è il fato che guida certi avvenimenti, a volte puoi ostacolarlo a volte favorirlo ma non puoi pilotarlo. Siamo troppo legati a convinzioni di esseri evoluti e non ci rendiamo conto che comunque siamo parte di una natura spesso indifferente. Resta solo il dispiacere dei familiari e degli ammiratori, da parte mia lo stimolo ad andare avanti nel mio lavoro.
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Guzzler
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MessaggioInviato: Mar 04 Dic, 2007 11:18 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Ciao ZUZU,
scusa il ritardo nella risposta.
Interessantissimo il tuo contributo, grazie mille per avercelo proposto.
Il mio intervento non aveva certo valenza scientifica ma voleva solo essere un saluto ad uomo che si è distinto sul campo e fuori e che si è legato in maniera eccezionale alla terra che l'ha adottato.

Citazione:
Siamo troppo legati a convinzioni di esseri evoluti e non ci rendiamo conto che comunque siamo parte di una natura spesso indifferente. Resta solo il dispiacere dei familiari e degli ammiratori, da parte mia lo stimolo ad andare avanti nel mio lavoro.


non posso che quotare e augurarti di ottenere risultati sempre migliori con il tuo lavoro.
Oreste

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