Buongiorno carissimi amici, due accenni sulla mia vita: sono nato a Torino nel 1946 da padre istriano (di Pola quando era italiana) e madre napoletana. In realtà dovevo nascere a Napoli ma mia madre, al settimo mese di gravidanza, si era recata in visita ai suoceri a Torino ed io ho anticipato i tempi prima che i miei potessero rientrare al sud. Quindi subito a Napoli dove ho trascorso gli anni dell’infanzia e della giovinezza in una famiglia agiata e spensierata. Poi nei primi anni 70 due avvenimenti di segno opposto hanno dato una brusca sterzata alla mia esistenza: il matrimonio con la mia cara Rosy, compagna meravigliosa e sostegno di una vita fin dai banchi del liceo, e la morte prematura di mia madre con conseguente sfaldamento della famiglia. Sono seguiti circa venti anni segnati da difficoltà ed amarezze e diversi cambi di città e lavori (metalmeccanico, impiegato di agenzie assicurative). Quando mi sono trovato senza lavoro, per cambio gestione e personale dell’agenzia, mi sono improvvisato titolare di un modestissimo studio fotografico messo su con minime cognizioni di fotografia ed una vecchia
con la quale realizzavo servizi di matrimonio per amici non esigenti, foto per tessere e manifestazioni varie. Il guadagno era minimo e non avevo una mentalità commerciale ed una esperienza che mi permettessero un reddito sicuro. Poi un nuovo cambio di città, nel basso Lazio, e finalmente un lavoro sicuro come dipendente amministrativo nella scuola che mi ha ridato serenità e portato fino al pensionamento.
Poi ancora uno spostamento, questa volta a Trieste, da dove spero non dovermi più muovere! Già quando frequentavo le medie ero attratto dalla fotografia e l’oggetto intoccabile del mio desiderio era la
Ferrania Condor 1 di mio padre. Lo osservavo quando fotografava e gli facevo domande per carpirne il funzionamento, poi mi fece vedere un foglietto allegato al rullino dove erano indicati i tempi ed i diaframmi da utilizzare con i vari simboli atmosferici, l’uso del telemetro l’avevo capito da qualche veloce spiegazione. Un giorno che mio padre era in viaggio, superando ogni timore presi la Ferrania ed andai allo zoo a fotografare gli animali, poi la riposi esattamente dove era. Una volta sviluppato il rullino la meraviglia di queste foto mai scattate fu grande, iniziarono gli interrogatori ma io negai tutto. Alla fine papà si convinse dicendo: non può essere stato lui queste le ha scattate qualcuno esperto! Fui salvo! Ora questa
Condor 1 non più utilizzabile mi guarda da una vetrinetta del mio studio, una vita è passata!
Ma torniamo ai miei 14 anni quando, come regalo per la licenza media, i miei nonni mi comperarono la mia prima fotocamera: una
Ferrania Eura, pochi comandi elementari, formato 6x6. Qualche volta la utilizzo ancora oggi! Poi ricordo una
Kodak instamatic che mi ha accompagnato fino al viaggio di nozze, poche foto di ricordi familiari e qualche viaggio. La vera svolta fotografica avvenne alla fine degli anni 70, nel periodo più buio della mia vita, quando guardavo le fotocamere esposte nei negozi di fotografia e non potevo entrare neanche per comperare un rullino. Ma gli occhi si fermavano sempre su una vecchia, polverosa e scolorita macchina a soffietto, relegata in un angolo a cuocersi al sole. Sentivo che ci somigliavamo, volevo salvarla, ma non avevo neanche il coraggio di chiedere se era in vendita, si trattava della cinese
Seagull 203.
Per il mio compleanno trovai un pacchetto sul tavolo della cucina, mia moglie l’aveva comperata! Impiegai un bel po' a rimetterla in sesto incerottando le zone del soffietto screpolate ed incidendo con la punta del compasso i dati relativi ai diaframmi che si erano scoloriti. Mi procurai dei rulli 120 scaduti e due flaconi di sviluppo e fissaggio quasi regalati perché oramai ingialliti. Scattavo e sviluppavo senza Tank tenendo al buio il rullo srotolato per le due estremità facendolo scorrere alternativamente nella bacinella contando i secondi ad alta voce e poi nel fissaggio. Incredibilmente qualcosa usciva! Poi passai alla stampa,non avendo ingranditore ponevo al buio i negativi sulla carta sensibile, un vetro sopra, poi accendevo per un attimo la luce della stanza e subito dopo nella solita bacinella con lo sviluppo pellicola ed il fissaggio. Piccole e malconce stampe a contatto delle quali conservo ancora qualcuna. L’avventura era iniziata!
Ma quante fotocamere hai? Mi sento spesso chiedere. Tante, troppe, tutte quelle che anni fa desideravo osservandole oltre il vetro dei negozi e che ora per pochi euro posso comperare nei mercatini e stringere tra le mani. Non tutti i sogni si possono concretizzare, ed è bene che sia così, ma questi si! A mia parziale attenuante posso dire che non ho mai comperato una fotocamera nuova ma sempre di seconda o terza mano, anche le recenti digitali.
Il libro fotografico di
Koudelka me lo ritrovai per caso tra le mani, in una sala d’aspetto. Fu una svolta, capii la cosa più ovvia:
la fotografia doveva suscitare emozioni, non solo rappresentare il bello. Così cominciai a fare foto di strada, puntando la macchina sulla gente, superando la mia assoluta timidezza e stabilendo finalmente un contatto con le persone, anche se univoco. La mia prima reflex è stata una
Pentax K1000 con il 28mm. In seguito presi anche il 50 ed il 135 per completare la triade classica ma di fatto il 28 era quello che rimaneva quasi in permanenza sulla macchina. Le foto di Koudelka mi avevano spinto a guardare il mondo attraverso il grandangolo e fino ad oggi più del 90% dei miei scatti li ho realizzati con il 28mm o ottiche equivalenti, anche utilizzando zoom. Ultimamente però mi sono maggiormente avvicinato alla visione “normale” utilizzando 35 o 40mm .Dopo la Pentax K1000, con l’avvento dell’autofocus, è arrivata la
Nikon F501 con zoom 28-85mm. e, almeno per le reflex, sono rimasto fedele a questo marchio fino ad oggi.

L’ingresso nella grande famiglia di
photo4u ha segnato un momento fondamentale nella mia vita non solo da un punto di vista fotografico. Ho trovato finalmente quel confronto e quel incontro con altri fotografi che non avevo mai avuto. Pensavo di aver capito tutto della fotografia ed improvvisamente mi accorgevo di non aver capito niente. Dopo una vita di fotografia selvaggia arrivavano le regole. Cominciavo a capire cosa fossero la composizione, le linee cadenti, bilanciamento del bianco, tonalità, altri punti di vista, altre ricerche di soggetti, in altre parole la qualità di una foto: ho ancora tanto da imparare.
Ma la cosa più importante è sentirmi parte ed accettato da una comunità. Finalmente il gran salto da pseudo-professionista a vero fotoamatore. Poi sono arrivate, per la prima volta nella mia vita, le gratificazioni. Mi ritrovo a 70 anni superati da un pezzo a passeggiare sul molo, senza fotocamera al collo, con la sola piccola
Sony RX100 nella tasca del giaccone. Le due ragazze con il telefonino in mano sono avanti a me, mi accorgo che cercano qualcuno che le scatti una foto, mi guardano ed il vento mi porta le parole:”…No…è vecchio…” e cercano altre persone.
Mi allontano a testa china, un leggero sorriso sulle labbra, mentre osservo sul monitor della Sony le due indecise che non si erano accorte della piccola compatta per un attimo uscita e rientrata dalla tasca! Un forte abbraccio, cari amici, ed un immenso ringraziamento per tutto quello che mi avete dato ed insegnato.
Terminato di leggere questo interessante e a nostro avviso toccante e significativo racconto, abbiamo chiesto a Sergio di scegliere alcune foto che lo rappresentassero al meglio qui su photo4u, per l'intera gallery vi rimandiamo a questo
LINK
Sergio Demitri e' presente anche su Flickr, il suo photostream lo potete trovare
QUI
Ringraziamo essedi per la disponibilità a questa mini intervista, presto la seconda puntata della Rubrica "5 minuti con..." su photo4u.it
Le interviste e la rubrica "5 minuti con" precedenti sono qui:
http://www.photo4u.it/viewtopic.php?t=689472