Il ritratto stretto.
Non ne sono un grande realizzatore, ciò non toglie che ne rimanga spesso affascinato dalla visione.
Mi sono cimentato più volte con questa tipologia fotografica, ne ho anche studiato possibili tecniche e dettami convenzionali.
Ho ottenuto scatti validi, con gli occhi perfettamente a fuoco, nitidi, tanto da sembrare di vetro.
Ho realizzato volti con una definizione tagliente, così tanto da poterci affettare il salame.
Trovo poi immagini come quella proposta da
malgorzata sz. e tutto ciò che sapevo, cade nel vuoto.
Mi trovo a guardare l’occhio di questa modella e mi perdo nei suoi pensieri, nei miei pensieri, più che con mille occhi di vetro.
Mi dimentico della tecnica; mi dimentico che “
La cosa più importante sono gli occhi a fuoco” mi dimentico “
del taglio verticale” e “
dello spazio vuoto a sx”.
Si potrebbe pensare ad una foto casuale, uscita così ma buona lo stesso.
Ciò che ci fa capire che invece ci sono scelte consapevoli e ponderate è la
galleria dell’autore.
L’osservazione dell’insieme fa ben comprendere che non c’è casualità.
Non significa chiaramente che debba piacere, ma significa che l’autore ha un’idea in testa… e non è poco.
Mi sono ritrovato a condividere alcuni commenti lasciati sotto all’immagine e ne gioisco, perché ho letto emozioni.
E non le stesse.
Chi ha visto i ricordi ed il passato, chi ha visto purezza e chi come me vede intelligenza e spensieratezza.
Cosa chiedere di più ad una immagine?
Cosa chiedere di più ad un ritratto?
Diventa ciò che c’è di più simile al reale, quando il nostro sguardo incrocia quello di un’altra persona, per una attimo.
Dentro quell’attimo troviamo l’idea dei pensieri altrui e dei nostri.
Non è un momento “a fuoco”.
Non ci sono tempi che riescano a fermarlo, neanche 1/32.000 sec a iso 128.000 e f0,95.
Qualcuno potrebbe sostenere che il fascino dell’analogico è impagabile.
Davvero?
Perché effettivamente, con un buon lavoro di post produzione, si poteva ottenere egual risultato da una immagine digitale.
Ho così fatto un esperimento ed ho chiesto a mia moglie di darmi un parere sull’immagine.
Prima del parere, posso dire che mia moglie sta alla tecnica fotografica come io sto alla tecnica del cucito.
Ne è rimasta entusiasta, arrivando a definirla “di grande emozione”.
Non si è chiesta con che cosa fosse stata scattata, non si è lamentata della mancanza di messa a fuoco.
Comprendo così che il vezzo di ragionare tecnicamente sulle immagini ce lo permettiamo noi appassionati e che a volte ci facciamo trasportare da questa parte, tralasciando il contenuto.
Ovviamente è una generalizzazione, perché il fine dell’immagine può imporre scelte pregresse che prevedono un’importante componente tecnica.
Se così non fosse, non potremmo ammirare “
La ragazza Afgana”.
Sappiamo che quando la tecnica e il contenuto incontrano l’esperienza, si creano capolavori.
Sappiamo anche che lo scatto fa parte di un reportage, con dettami professionali, con il fine di raccontare una storia specifica, un contesto ed una situazione.
Non si prefigge di raffigurare uno sguardo fugace.
Il mosso e il fuori fuoco, in passato, erano considerati errori, almeno per una vasta platea di fotoamatori.
Il tempo ha modellato questo concetto, lo ha adattato ai tempi, ha cercato innovazione attraverso questi “errori”.
Penso ad
Antoine D’Agata fotografo dell’agenzia
Magnum a cavallo tra reportage e “fine art” (visione degli scatti consigliata ad un pubblico adulto e fotograficamente formato) e prima di lui ad
Ernst Haas sempre fotografo
Magnum, sperimentatore del mosso e del fuorifuoco negli anni ’50 (qui la visione è più “facile”).
Senza andare oltralpe o oltre all’ocenao, possiamo fermarci all’italianissimo
Efrem Raimondi.
Ecco dove si può ricondurre l’immagine proposta (con i dovuti distinguo), come in alcuni ritratti di Efrem a divi e personaggi politici (personalmente amo molto la foto a M. Draghi).
In conclusione, dopo aver sfiorato il filosofico, non possiamo che gioire per questa immagine.
Per questo regalo.
Perché ogni foto buona è un regalo dell’autore ai suoi osservatori.
Grazie.
Ferrara.Carlo
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