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di gparrac |
Mer 15 Gen, 2014 1:51 pm |
Viste: 92 |
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Autore |
Messaggio |
gparrac utente attivo

Iscritto: 11 Mgg 2006 Messaggi: 5822 Località: Genova
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Inviato: Ven 17 Gen, 2014 2:06 pm Oggetto: ... |
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Finalmente ne ho trovata una ... pensavo di averle perse o gettate via tutte.
Una fotografia lo è, la metto in Varie, ma è più che altro un tentativo di iniziare un discorso sull'infrarosso a colori falsati, discorso che assume contorni ben diversi adesso, in un'epoca caratterizzata dalla simulazione digitale.
La fotografia è stata scattata su pellicola Kodak Ektachrome IE, da non confondere con le successive Kodak AEROCHROME EIR ... siamo quasi alla fine degli anni '70, stavo cercando di capire questo materiale così interessante, purtroppo le fotografie scattate sono da considerarsi solo semplici prove, concluse anzitempo dall'impossibilità di reperire la pellicola in questione.
La pellicola andava sviluppata con i bagni E4 Process, un procedimento caduto rapidamente in disuso con l'avvento di E6 Process già nel 1976.
Wikipedia (in inglese) assicura che la Kodak ha continuato a fornire i bagni fino al 1996 ... era un impegno preso dalla Casa Gialla per la durata di 30 anni, ma per quanto riguarda il nostro Paese e le possibilità di trattare o far trattare questo materiale sono diventate zero già prima del 1980, almeno per un semplice dilettante appassionato in queste sperimentazioni.
E4 utilizzava l'inversione chimica, evitando così la seconda esposizione della pellicola durante le fasi di sviluppo, ma per questa operazione era utilizzato un sale di ammonio quaternario, il tossico Tetra-n-butylammonium bromide, con tutti i problemi di smaltimento connessi.
Ricordo che all'epoca le AGFA professionali venivano sviluppate con un processo particolare, che poteva essere attuato anche in casa ma comportava questa seconda esposizione ... ma il materiale AGFA amatoriale era trattato in un bagno molto simile ad E6, tanto da essere compatibile.
Così, per via della tossicità, non era possibile effettuare un trattamento in E4 in casa, i pochi laboratori che tenevano in piedi una linea E4 non vedevano bene questa pellicola perché svilupparla comportava in pratica un inquinamento dei bagni tale da doverli gettare via ...
Quindi ... fine del bel gioco!
La fotografia fa parte di un rullino scattato durante un periodo di eccezionale siccità, quel giorno ero andato a fotografare un invaso artificiale praticamente privo di acqua.
Il risultato (curioso ...) è che la vegetazione secca è resa con un bel verde, quella più verde è invece ... diventata rossa!
Come più che noto con una pellicola a colori falsati occorre utilizzare dei filtri se si vuole avere un cielo più o meno realistico, qui un arancio molto intenso che si è rivelato nelle prove effettuate il migliore ...
Ma era ed è (mi riferisco alle successive pellicole Aerochrome) un materiale rognoso da utilizzare e decisamente imprevedibile, credo bastino a convincere le precauzioni richieste per la conservazione.
Kodak ha scritto: | Unexposed color infrared films must be kept in a freezer or refrigerator. Unexposed film can tolerate up to one month at temperatures not exceeding 55°F (13°C), including no more than one week at room temperature (75°F [24°C]). For best infrared sensitivity, store EIR film in a freezer at 0 to -10°F (-18 to -23°C), in the original package. |
E la messa a fuoco è ... un dramma! Se nel caso dell'infrarosso normale (utilizzando il solo infrarosso, tagliando quindi la luce visibile con un filtro) basta far riferimento al trattino presente allo scopo sulla ghiera delle distanze (ormai scomparso dalle ottiche attuali ...) qui abbiamo anche due strati sensibili ai colori normali ... non resta che confidare in Santa Profondità di campo e lavorare a diaframmi il più possibile chiusi.
Sembra ... dico sembra ... che sia possibile trovare ancora materiale di questo tipo, sempre che non sia l'ennesima bufala in Internet.
Rullini ritagliati da grandi rulli di pellicola per uso scientifico ... ma ammesso sia vero, come la mettiamo con i parametri di conservazione durante il viaggio nelle mani amorevoli delle Poste Italiane, note per la loro celerità?
Negli ultimi tempi ho trovato esempi di fotografie dichiarate frutto di questo materiale, anche glamour ... ma la mia netta impressione è di una successiva e piuttosto pesante post-produzione digitale, tesa più che altro ad evidenziare (non voglio dire simulare ... l'ho solo pensato) il comportamento di questa pellicola.
C'è qualcuno che ha davvero fatto questo tipo di prove?
Si, lo so, forse non è troppo corretto parlarne qui, sia pure in Varie ... ma in fondo la fotografia c'è, quindi
non sparate sul pianista!
Suggerimenti e critiche sempre ben accetti _________________
Ἀρχὴ μεγίστη τοῦ βίου τά γράμματα. |
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Ivo staff foto

Iscritto: 26 Lug 2005 Messaggi: 20064 Località: Basso Trentino
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Inviato: Ven 17 Gen, 2014 4:06 pm Oggetto: |
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gparrac spero proprio che si apra un discorso sull'uso di questi materiali "d'epoca", sento tantissimi giovani che hanno voglia di riprovare queste tecniche da alchimista in cui non sapevi mai il risultato finale.
Sono affascinato dai tuoi discorsi perchè quando ho iniziato io il mio percorso fotografico che risale ai primi anni "80 già incominciavano ad essere cose passate. Penso siano pochi i fotoamatori che possano dialogare con te su queste interessantissime problematiche ... bisognerebbe creare un punto di incontro o una sezione particolare in modo da divulgare le conoscenze ed impedire che esperienze come le tue si perdano.
Un caro saluto.
Ivo _________________
Ivo
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diego campanelli utente attivo

Iscritto: 15 Apr 2009 Messaggi: 4706
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Inviato: Ven 17 Gen, 2014 7:44 pm Oggetto: |
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E' da qualche anno che mi sono dedicato quasi completamente alla pellicola b-n e da qualche mese ho ricominciato anche a stampare in c.o e già mi sembra tanta roba ma a leggere quanto scrivi mi rendo conto che con il colore le variabili sono/erano almeno triplicate.
Forse è anche per questa ragione che il b-n argentico resiste agli anni e al digitale, mentre il colore, salvo casi rarissimi, sta diventando sempre più un ricordo.
Sulla foto è difficile esprimere un giudizio non condizionato dalla valenza storica che un'immagine come questa rappresenta; se non avessi letto la presentazione e senza conoscere l'autore, l'avrei liquidata come un esperimento di qualcuno alle prime armi con photoshop.
Osservandola bene mi rendo conto però che ci sono alcuni dettagli che rendono spesso distinguibili gli scatti a pellicola, benchè digitalizzati.
Mi riferisco in particolare ai toni, in questo caso poi la cosa è ancora più evidente, ma non solo: nonostante la difficoltà di inquadratura e relativa messa a fuoco, il risultato finale è cmq. di forte stacco tra i piani.
Questo rimane l'aspetto che più mi attrae della pellicola, sia essa a colori o in b-n.
Un aspetto che non riesco ancora a trovare nelle immagini esclusivamente digitali, sia web ma sopratutto nelle stampe.
Spero di non aver divagato troppo anch'io.
Ciao e grazie per aver condiviso questa tua esperienza.
 _________________ diegocampanelli.eu |
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