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Gloria A. di Luigi T. commento di aerre |
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Bravo, Luigi.
Peccato per quei pochi cm di cui parlava giustamente Alessandro.
Per il resto ...perfetta: c'è intesa, empatia, ...ironia e complicità, ...insomma un "racconto" e quindi un "ritratto".
Non ti azzardare a sbiancare nulla chè ti taglio le dita
A  |
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white di Viola Lorenza Savarese commento di aerre |
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Meravigliosa.
Punto.
Di contrasti ce ne sono. Eccome. Solo ....che sono quelli dell'anima, qui.
L'anima di Viola, intendo. |
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Ada di mcfour commento di aerre |
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....sto guardando adesso i dati di scatto: scattare ad 1/60 con il 135 non è semplice ...il rischio del micromosso è sempre in agguato.
Ma è un obiettivo che adoro anche se uso pochissimo....anche a TA ha una incisione spettacolare (ed il mio per strani motivi ha la ghiera bloccata sul 2.0 ), ...ma ciò che ti conquista è il suo sfocato: morbido, cremoso ...con uno stacco di piani sul full frame inarrivabile.
Immagino te ne innamorerai facilmente.
Buone foto  |
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waiting to... di mcfour commento di aerre |
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“Questa panchina, deve essere per chi osserva, quello che vuole...” ….è qui il problema (se di problema è giusto parlare) di questa immagine.
E’ l’immagine di una panchina e ….almeno personalmente non riesco a rintracciarvi dell’altro. L’autore mi perdonerà se esordisco in un modo che probabilmente lo fa ribaltare dalla sedia, ma spiegherò subito il perché.
Prima di tutto perché …è innegabile.
Che sia l’immagine di una panchina non potrebbe smentirlo nessuno …il punto vero è se sia “solo” l’immagine di una panchina e …la sua appartenenza di genere è davvero poca cosa rispetto a quello che a me sembra il nodo principale della questione e cioè se questa immagine di panchina possa davvero dirsi una buona fotografia, …intendendo dietro quel terribile quanto generico “buona fotografia” un “cosa”, …o meglio l’espressione di un “cosa”, in quella difficile partita che si compie nel mondo dell’immagine tra il “cosa” ed il “come”.
Ed è questo “cosa” …che dovrebbe fare la differenza, …il suo contenuto …il suo registro narrativo, chiamiatelo come vi pare, …al di là se lo scatto sia una Street piuttosto che il frammento di un Paesaggio urbano o una foto da Studio.
In ogni fotografia l’espressione del “cosa” è il vero ago della bilancia …anzi la “Fotografia” sta tutta lì, in nient’altro. Ed è il rapporto che il fotografo ha instaurato con il soggetto questo “cosa”, quando lo scatto riesce a raccontarci di tutto quell’insieme di emozioni, riflessioni, suggestioni etc. etc. che il soggetto, sia esso una panchina o il profilo di New York, è stato in grado di rievocare nella mente e nell’anima del fotografo.
In una fotografia io leggo la visione squisitamente personale che il fotografo ha del mondo perché la fotografia lungi dall’essere una mera trasposizione visiva della realtà non fa altro che compiere (o …dovrebbe compiere) un potente processo di trasfigurazione del dato reale proprio sulla base di quel rapporto che si è instaurato tra fotografo e soggetto.
Ora …è chiaro che ci sono immagini che hanno finito con l’assumere una connotazione simbolica molto forte rivestendosi di significati che attengono più che altro …alle nostre esperienze passate, …formazione culturale, …sensibilità e chi più ne ha più ne metta.
Così è per una “panchina” ad esempio, che facilmente associamo ad una idea di “solitudine”o “attesa”, “incontro” …ma anche “assenza” o centomila altri significati a seconda dell’immagine che si rievoca nella nostra mente.
La panchina è il “luogo” dove si inscenano diversi atti del teatro della vita: …dal romantico incontro di due amanti che si isolano dal resto del mondo, …al peso di una solitudine che scorgiamo nello sguardo assente di un anziano signore curvo sotto il peso dei suoi anni, ...alla miseria quotidiana di qualcuno in difficoltà che ne fa il suo momentaneo giaciglio, …al gioco di una bimba che il nonno ha accompagnato nel parco.
E si potrebbe continuare per ore.
E’ chiaro dunque che l’immagine di una panchina “vuota” proprio per il fatto di imporsi nel nostro immaginario con il desolante silenzio di un “teatro” vuoto, finisca per contrasto con il rievocare tutta una serie di immagini e di idee più o meno astratte.
C’è un vuoto …una assenza che facilmente associamo all’ “attesa”.
Ma quella del “Waiting for”, …l’idea dell’attesa di qualcuno che forse non verrà mai, è solo una delle tante ed attiene più ad una veste letteraria sovrapposta allo scatto che al contenuto narrativo reale dell’immagine in questione.
Ecco perché a volte i titoli sono molto insidiosi e finiscono spesso con il tradire la debolezza di fondo di uno scatto che in effetti non ha molto da raccontare.
Perché qui l’autore non ci racconta affatto attraverso l’immagine di una “attesa”, ce lo sta semplicemente dicendo attraverso il titolo…e la foto potrebbe tranquillamente essere letta di volta in volta alla luce di decine e decine di stereotipi diversi assumendo una molteplicità di significati che si traduce fatalmente (perché è proprio questo il punto) in una assenza stessa di significato.
Chi aspetta chi …o cosa? C’è una storia dietro quella panchina vuota? …Qualcuno sta per arrivare o è appena andato via? …Tutto questo è solo nella mente del fotografo non nell’immagine che abbiamo difronte dove non c’è nulla …ma proprio nulla che possiamo usare per cercare di leggere un racconto, se non una panchina …vuota, appunto.
Ed è qui il nodo della questione.
Non possiamo semplicemente dire che “Questa panchina, deve essere per chi osserva, quello che vuole...” …perché non funziona così la fotografia. E’ il fotografo che deve imbastirlo un racconto e dirmi il “cosa”.
Detto in altri termini non c’è in questa immagine quello che deve fare una “buona fotografia” e cioè svelarmi una proposta di lettura da parte del fotografo di ciò che lo circonda, fosse anche un piccolo frammento di pavimento, …è e resta solo l’immagine di una panchina vuota.
Non trasfigura, …non interpreta, …non reiventa. Non racconta.
Mi permetto di indicare due foto che pur aprendo diversi livelli di interpretazione da parte di chi legge l’immagine partono da un dato incontrovertibile che è quello di fornire la particolare “visione” del fotografo, …quel famoso “cosa”.
http://www.photo4u.it/viewcomment.php?pic_id=630903 di Silvano Romanelli e http://www.photo4u.it/viewcomment.php?pic_id=639108 di Mauroq.
Dimentichiamoci se sono in Street o in Varie, poco importa …entrambe non casualmente (ecco perché le ho scelte) sono frammenti di scenari urbani o di strada senza l’ “uomo”.
Ma che succede qui? …dove è il “cosa”?
In entrambe …si compie una sorta di “metamorfosi” di ciò che circonda il fotografo …che non è semplice “trasfigurazione” nel divertito gioco di stupire le nostre abitudini percettive, …ma vero “atto creativo” di chi è capace di riassegnare un nuovo ordine alle cose. Non un ordine generico …ma quello del fotografo stesso, della sua “visione”.
Sono scenari (….più rievocati che rappresentati) di un universo del tutto nuovo, con le sue leggi e le sue regole, che sembra darsi come fatto compiuto e a sé stante.
“Più rievocati …che rappresentati”, attraverso lo strumento della macchina fotografica come “occhio dell’anima” che rievoca a sé interi brani di un mondo squisitamente intimo e personale, in cui nulla è più ciò che “è” …ma ciò che il fotografo “immagina” (o dovremmo dire recupera) come atto di un sentire profondo, in cui si miscelano i frammenti di ricordi lontani e quelli di una visione di un universo in cui riflettere e riflettersi.
Certo …poi …io posso continuare a vedere nella foto di Mauroq solo il giochino di un parco giochi in un pomeriggio di pioggia o nella foto di Silvano quattro pupazzi di plastica, …ma resta il fatto che ciascuno di essi ha comunque offerto una chiave interpretativa personale dello scenario che ha di fronte, una chiave di lettura cioè che svela parte di quel complesso di suggestioni o emozioni che quello stesso scenario (il soggetto) ha rievocato in loro.
Quella chiave di lettura che qui mi manca, proprio perché non riesco a leggere il fotografo e sarà forse …l’autore mi perdonerà, che la debolezza dell’immagine è proprio nella sua premessa iniziale: “Questa panchina, deve essere per chi osserva, quello che vuole..”
Chiedo scusa per l’eccesivo romanzo.
A  |
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Tracy di Gannjunior commento di aerre |
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....timida ...disarmata ...innamorata ...c'è tutto un mondo in quello sguardo.  |
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facce da...western... di MauMa commento di aerre |
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“Facce da western” ….giusto, …però non basta una “faccia” a fare un Ritratto, dal quale ci si aspetta invece un racconto della persona e l’espressione di quel rapporto …di quel dialogo a doppio senso che si è instaurato tra fotografo e soggetto.
Anzi ….qui di facce ne abbiamo addirittura 6 , ….ma nemmeno la quantità basta a definire i contorni di un vero racconto, capace di svelarci parte di quell’universo fisico ed emozionale del soggetto (o dei soggetti) che è il vero terreno di espressione del “Ritratto”.
Oltretutto qui ti limiti a comporre 6 scatti che al di là di quell’evidente denominatore comune, non hanno un vero filo conduttore narrativo e figurativo tale da ricondurli all’interno di un racconto coerente.
A ....complicare il tutto poi affidi la composizione dei vari frame ad un espediente grafico di particolare esuberanza figurativa e cromatica …tale da relegare realmente in secondo piano le singole espressività dei soggetti e tale da divenire il vero protagonista dell’immagine.
Ma protagonista di un gioco estetico (che può piacere o meno ….non discuto su questo) che resta fine a se stesso e non trova reali giustificazioni.
Alla prossima  |
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Francesca. di Clara Ravaglia commento di aerre |
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Molto bella.
Intima e raccolta, ...ravvicinata ma senza invadere, come un abbraccio sussurrato a distanza.
Mi piace la luce ...delicata eppure capace di farsi sostanza intima, come quella di una preghiera silenziosa.
A  |
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Ritratti di Paolo Dalprato commento di aerre |
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...Uno scatto denso di atmosfera che tutto si gioca sul filo di luce che disegna i profili delle figure.
Direi che "varie" però è la sezione più indicata  |
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Con tutto l'amore che posso... di aerre commento di aerre |
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...Grazie mille Fabio, sono felice delle tue parole e faccio tesoro del tuo consiglio
BIANCOENERO ha scritto: |
P.S. Anche se fosse un errore, è una malattia che contagia anche a me.
Se avessi un f -5,00 lo userei a TA  |
...e io infatti non ho ancora capito perchè hanno perso tempo a realizzare la ghiera dei diaframmi .... |
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Con tutto l'amore che posso... di aerre commento di aerre |
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@ federari: grazie mille del tuo riscontro.
Se dai una scorsa veloce alla mia galleria noterai che quasi sempre solo l'occhio più vicino al piano di ripresa è a fuoco. Lavoro praticamente a tutta apertura anche con obiettivi più generosi come il 135 che mi consentono un f 2.0.
E' una specie di malattia .... , ....ma battute a parte ...per quanto tu abbia perfettamente ragione sul fatto che in una ripresa con lo sguardo molto diretto alla macchina non guasterebbe certo avere entrambi gli occhi a fuoco, non ne faccio una priorità ....in termini espressivi intendo.
Anzi ...è come se cercassi proprio quel salto di nitidezza per concentrare tutta l'immagine nel guizzo di luce di quell'unico occhio a fuoco, come centro narrativo ed emozionale.
Ma la tua osservazione è più che corretta.
A  |
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Con tutto l'amore che posso... di aerre commento di aerre |
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@ gianjackal: grazie mille Gian, sempre felice del tuo riscontro. Ero un pò preoccupato della resa dei colori ...in genere tendo ad una tavolozza più scarica ...ma qui era appunto il colore a farsi mezzo espressivo e ho "spinto" più del solito.
Grazie  |
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st di Gennaro Morga commento di aerre |
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Intyeressante discussione.
...E come giustamente osservate lo scatto finisce per essere un pò "debole" nell'ottica del "Ritratto" dal quale ci si aspetterebbe un racconto capace di restituirci in qualche modo parte dell'universo del soggetto (inteso come persona) ma anche e soprattutto espressione del rapporto che il fotografo ha instaurato con esso.
Qui non c'è nulla che ci racconti del soggetto ...o meglio nulla con quel grado di "caratterizzazione" capace di restituirci un qualche aspetto dell'universo fisico ed emozionale della persona.
Di "quella" persona.
Ovviamente il "volto" non è una condizione necessaria e sufficiente per avere un ritratto, ...nè in un senso ...nè nell'altro. Così come è confezionato lo scatto si respira un atmosfera molto ideale, ...sovrapersonale quasi ....alludendo più alla figura di una "sposa" che alla persona in sé.
Sposterei in Studio  |
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