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la casa rossa di marco palomar commento di marco palomar |
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Caro ocio, ho letto con attenzione per un bel po'... poi a un certo punto nella tua prosa fluente mi è capitata una frase che mi ha fatto capire quanto poco attento sei stato tu...
"si aggiunga anche un problema di linee cadenti" ...
assolutamente falso, l'immagine è stata corretta da me in PS e c'è voluto pure qualche ora per renderla assolutamente dritta come è... e già basterebbe questo a giudicare tutto il resto del tuo commento e l'attenzione con cui qui si guardano le foto...
"L'elemento architettonico rappresentato non è di rilievo"...
vorrei sapere in base a quale fai questa affermazione. Dì che non ti piace questa casa e facciamo prima. A me che -se permetti- ne capisco qualcosa invece questo "elemento architettonico" pare di grande rilievo.
Il significato che io annetto a questo "elemento architettonico" è questo: anche in una palazzina apparentemente uguale alle altre e apparentemente sgradevole si può trovare il germe dell'intelligenza e della bellezza. Del resto in architettura c'è una lunga tradizione in questo genere di approccio.
"Anche da un punto di vista estetico manca una certa cura..."
Anche questa frasetta non vuol dire niente se non specifichi che cosa significhi cura, per te, quale sia il tuo criterio di selezione. Ma tu li conosci, ad esempio, i coniugi Becker?. Ripeto: se fosse stata fatta con un banco ottico -di cui non dispongo- questa foto sarebbe perfetta. Questo perchè l'aspetto tecnico e materico della fotografia non va sottovalutato.
"...che lascia l'osservatore con l'amaro in bocca"
dipende dalle aspettative dell'osservatore, non trovi?
"Se non vuoi trasmettere emozione, il discorso è già chiuso" Ripeto: vedi le foto dei coniugi Becker e poi ne riparliamo.
Non credo proprio che il problema della fotografia sia riconducibile così semplicisticamente a quello di trasmettere emozione. Il discorso dell'emozione e della comunicazione in fotografia e nell'espressione artistica in genere è molto complesso e anche molto pericoloso, perchè se fosse il problema principale allora le foto migliori sarebbero quelle dei compleanni dei bimbi, quelle dei gattini, quelle dei vecchietti di spalle ecc.
"L'umiltà è sempre un passo in avanti, un acquisizione."
Bè dovresti iniziare a dare il buon esempio, per esempio evitando di scrivere una risposta superficiale come questa e di fare certi sfoggi di retorica come in "Qual è l'alchimia della bella foto?": sebbene condivida il succo della maggior parte delle tue affermazioni, non condivido affatto la tua velleità di sistematizzare in poche battute una materia così complessa come quella dell'espressione fotografica. Non basta qualche riferimento a Freud per un'impresa del genere, né gli ammiccamenti all’esperienza di Photo4U.
La tua insistenza sul meccanismo proiettivo nell'osservazione di una foto è degna di nota, ma -come per il richiamo all'emozione di cui parli anche qui- conduce ad alcuni tipici equivoci:
il primo è più banale è pensare che quello che emoziona a me riesca ad emozionare anche gli altri. Non è affatto scontato, dipende dal modo in cui si riesce ad elaborare la propria emozione, ad attribuirle significati: e nella foto si vede. Il classico esempio è di quelli che si emozionano davanti al mare o a un bel paesaggio e lo fotografano: nella foto, che è un pezzettino di carta piccolo e piatto, non rimane nessuna emozione, a meno di adoperare alcuni piccoli accorgimenti. Ma anche quelli che fanno ritratti a persone care, spesso pensano che per il solo fatto di ritrarle tutto il mondo le troverà egualmente care. Fare un bel ritratto è difficilissimo, e spesso la probabilità di riuscirci è inversamente proporzionale con il coinvolgimento emotivo tra fotografo e persona ritratta. A volte il coinvolgimento emotivo invece di lasciare le cose libere di essere come sono, le ingabbia in propri schemi mentali. Ma questo è un discorso complesso.
Un'altro equivoco è quello di condondere l'emozione con la spettacolarizzazione: è un difetto che vedo bene, benissimo, anche nelle tue foto. E' come se non avendo fiducia nella capacità di comunicare attraverso un linguaggio piano e funzionale al carico emotivo della situazione rappresentata, si vadano a cercare parole ampollose, artificiose, elaborate, retoriche, gridate.
Un ulteriore equivoco è quello di credere che sia l’emozione il succo di ogni foto. Questo non è affatto vero, sia perché sono esistite ed esistono correnti artistiche che predicano una assoluta oggettività dell’opera, sia perché nella fotografia a mio avviso esiste sempre una valenza documentaria (ma non tutti la pensano così) che in alcune foto, per esempio quelle di architettura, può e deve diventare protagonista assoluta.
Ritornando per un attimo alla mia foto, diciamo che non c’è un punto comune: essendo io architetto, fotografo da quasi venti anni, indefesso e pallosissimo ragionatore su problemi di fotografia (oltre che dell’architettura), non ho un punto comune con chi, nel valutare una mia foto, l’affronta in maniera così a-specifica, come se fosse una delle innumerevoli foto di gabbiani sul mare che si vedono su Photo4U. Anche se la foto l’ho messa io, mi sembra di essere come il fotografo appena più smaliziato al quale il fotografo più ingenuo mostrati i suoi primi tramonti.
Ma veniamo un attimo alle tue, di foto. A me pare che rivelino l’irragionevole e infantile fiducia che sia il soggetto a fare le foto: inteso sia come oggetto fotografato, sia come soggetto-fotografo. Cioè, per tornare all’esempio che tu fai, mi pare che tu non sia poi tanto diverso dal fotografo di tramonti che tratti con affettuosa sufficienza; perché, come lui, anche tu ancora credi che basti una singolarità come un uccello, una faccia rugosa, un bel bambino, un paio di gambe, il colore deciso di un fiore, il viso di una sposa ecc. ecc. a fare la foto; o al contrario il trucchetto dozzinale di PS. Diciamo che l’emotività che tanto decanti viene trasposta nello specifico fotografico in maniera didascalica. Cioè rende le tue foto descrittive, in senso emotivo ma pur sempre descrittive.
Trovo invece – se mi concedi anche a me l’ineleganza di esprimere le mie idee sulla fotografia- che una buona foto debba, come affermi tu, riescire ad innescare dei meccanismi proiettivi nell’osservatore – e questa è una sorta di esca, di zuccherino – ma che questo non basti: perché poi, invece di lasciare l’osservatore fermo in preda a un languore sentimentale – il vecchio rugoso, il simpatico bambino, il tramonto, l’immensità del paesaggio – una buona foto deve condurlo verso altre aperture, altri interrogativi, altri stati d’animo, altre archeologie affettive. E perché questo avvenga deve essere aperta, non chiusa ad una unica interpretazione; ambigua, perché è la fotografia stessa che fonda sull’ambiguità il proprio status; ben fatta, cioè che non contenga elementi inutili. E’ mio parere personale, non condiviso praticamente da nessuno, che una foto non debba essere troppo ben fatta, per non cadere in un meccanismo aprioristico per cui il fotografo ritiene di essere consapevole di tutti i possibili messaggi della sua immagine. La ambiguità della fotografia rispetto al suo rapporto con la realtà (cioè la inevitabilità del referente) e la presenza di elementi “ridondanti”, come dice un fotografo-critico di mia conoscenza, sono le cose che a mio avviso differenziano la fotografia dalle altre forme grafiche. Per cui capita, a mio avviso, che in una foto gli elementi più importanti siano quelli non previsti o non controllati dal fotografo.
E qui mi fermo. Io personalmente sono contento che in questa discussione si parli di fotografia, e non di quattro stupide fotine da commentare un po' velocemente un po’ ipocritamente. |
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successione di squa commento di marco palomar |
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ma tu stampi il bianco e nero analogico? Perchè un conto è immaginarsi questa immagine ben stampata, un conto è accontentarsi di quel poco che si può vedere a monitor. |
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la casa rossa di marco palomar commento di marco palomar |
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Bè Massimiliano sono d'accordo, in linea di massima, che una foto debba comunicare... però comunicare vuole dire tante cose e non necessariamente fare del sentimentalismo o dare uno scossone grafico all'osservatore. E poi bisogna vedere a chi vuole comunicare. Cioè se ascolto Stockausen può darsi che a me, causa la mia ignoranza, non dica niente o risulti addirittura fastidioso, mentre un altro più colto di me possa trovarlo decisamente di suo gusto.
Questa è una foto che vuol far vedere una cosa, cioè una casa, ed eventualmente aprire una discussione sulla cosa-casa e non sulla foto.
Nel suo genere è corretta, tenuto conto dei limiti tecnici dell'attrezzatura usata: la stessa identica foto fatta con un banco ottico con sopra un grandangolare sarebbe perfetta. Invece è stata ottenuta con una vecchia compatta digitale con forti problemi di distorsione e di tenuta delle alte luci; quattro scatti sono stati raddrizzati, corretti prospetticamente e rimontati manualmente in photoshop, senza nemmeno l'aiuto di programmi tipo photostitch o simili.
Quello che mi dà fastidio nei commenti ricevuti è la superficialità.
Primo ripeto che ho avuto l'impressione che i giudizi siano stati dati dando per scontato che tutti abbiano interesse e debbano fare le foto che qui, come in tutti i siti simili, vanno per la maggiore. Cioè intendo la foto simpatica, la foto del gatto, la foto aneddotica, la foto delle vacanze, il paesaggio composto con la regola dei terzi, la foto sovrassatura, il vecchietto di schiena piccino con titolo solitudine e così via.
Secondo la mia foto è una foto di genere, cioè una foto di architettura, che rispetta le regole della foto documentaria di architettura ben fatta.
Mi aspettavo che i frequenatori di una sezione architettura di un forum di fotografia avessero almeno una vaga idea di cosa sia una foto documentaria di architettura.
Terzo ho l'impressione che il mezzo della discussione delle foto se ha il grande pregio di fornire una risposta immediata di quanto funzioni una foto (di quanto comunichi), ha pure il grande difetto di omologare in basso le foto, a un sentimentalismo ad effetto alla fine banale. Cosa che non potrebbe succedere se, oltre a vedere le foto su photo4u, la gente cercasse anche di seguire attraverso mostre e pubblicazioni il lavoro dei grandi fotografi storici e contemporanei, cercando di capire il senso delle loro foto più che limitarsi alla piacevolezza delle loro immagini da scopiazzare a volontà.
E io credo che sia questa la cultura fotografica, non prescrivere la regola dei terzi o ribilanciamenti compositivi a ogni piè sospinto. |
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successione di squa commento di marco palomar |
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mi piace
per il bianco e nero la vera differenza la fa la stampa: a monitor la successione tonale che vedo è già abbastanza equilibrata.
Mi impiccia un po' l'alberello di sinistra. |
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vabbè, lasciamo perdere... e io che pensavo che nella sezione "architettura" di un forum di fotografia ci fosse gente che sapesse qualcosa della fotografia di architettura, e magari anche dell'architettura... |
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la casa rossa di marco palomar commento di marco palomar |
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Perchè ho messo questa foto di questa casa?
Mi sembra che una casa così sia una sommessa provocazione (probabilmente involontaria): priva di ogni lusso, priva dei balconi con le piante che piacciono a tutti, priva di qualsiasi elemento architettonico rilevante che attiri su di sè l'attenzione, tipologicamente uguale alle palazzine intorno eppure così precisa nel suo disegno dei volumi e delle facciate sembra quasi voler urlare il proprio altero silenzio contro la confusione visiva circostante.
L'edificio è sotto casa mia, qui a Roma, e ci ho messo tutta la vita per accorgermene. Vi volevo rendere partecipi della scoperta. |
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Vedo che ho ricevuto, come al solito, commenti che brillano per intelligenza e simpatia...
1) la foto non intende essere artistica ma è corretta, a differenza della maggior parte delle foto dei cataloghi immobiliari.
2) la foto intende presentare un manufatto che reputo degno di interesse. Ovviamente si può non essere d'accordo, ma sarebbe bene argomentare invece che, senza alcuna competenza in materia, presentare come un'ovvietà che questa casa non vale niente.
3) lascio a voi le foto carine, corrette e ben composte, sature, con la regola dei terzi e tutti i megapixel e le questioni di rumore e i fringe eccetera, accattivanti e raffiguranti simpatiche situazioni. Lascio cioè a voi la banalità dell' "Immagine" e le discussioni sulla tecnica digitale, io mi tengo le mie fotografie, brutte quanto volete ma ancora fotografie.
P.S.: |
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