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Tutorial Riduzione rumore digitale

 
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Autore Messaggio
_Alex_
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MessaggioInviato: Mar 02 Lug, 2013 5:16 pm    Oggetto: Tutorial Riduzione rumore digitale Rispondi con citazione

Tutorial sulla riduzione del rumore digitale nelle fotografie



Avete appena terminato lo shooting all'ultima sfilata di moda di Armani o alla prima alla Scala di Milano per l'ultima coreografia di Alessandra Ferri, tornate a casa per sviluppare, selezionare e lavorare le immagini ma .....aaaaaarrrrgggghhh...... dopo aver visualizzato le vostre opere vi accorgete che sono rovinate a causa del rumore digitale.

Il vostro lavoro è irrimediabilmente rovinato?

No, qualcosa si può recuperare.

Anzitutto bisogna capire cos'è il disturbo che vediamo, con quali strumenti ci si lavora e come si usano tali strumenti.




Tecnologia del sensore e cause di disturbo


Il sensore delle fotocamere digitali è un trasduttore luce/energia elettrica, ovvero un dispositivo elettronico sensibile alle onde elettromagnetiche nello spettro visibile dall'uomo che ne effettua una misura quantitativa e qualitativa e ci restituisce dei valori numerici in formato elettrico che noi possiamo immagazzinare e, successivamente, elaborare.

Lo spettro, o banda, è l'insieme dei valori omogenei che stiamo considerando, in questo caso espressi come frequenze (misurate in Hertz, abbreviato Hz, o con i suoi multipli, MHz, GHz), a ciascuna delle quali corrisponde un colore esprimibile anche in °K (la conversione si ottiene verificando il colore dell'emissione luminosa di specifici sali riscaldati alla temperatura considerata).

Tali valori sono ovviamente proporzionali alla misura effettuata ma, poiché si tratta comunque di una misura, è affetta da un certo errore, causato da vari fattori.

Uno di essi è il riscaldamento dei singoli pixel, dovuto all'effetto Joule, a causa del quale i pixel effettuano una misura doppiamente disturbata, dal proprio riscaldamento e da quello dei pixel adiacenti.

Per esposizioni molto lunghe questo fenomeno può dare luogo ad aloni anche molto intensi, tipicamente di colore magenta ed il riscaldamento conseguente può far intervenire le protezioni automatiche della fotocamera che disattiva il sensore prima che si danneggi.

Il secondo fattore di disturbo della misura è la casualità con cui le onde elettromagnetiche raggiungono il sensore e, nello specifico, il singolo fotosito.

Spieghiamo meglio questo concetto.

Immaginiamo che il nostro sensore non sia di tipo elettronico, ma di tipo idraulico.
Piuttosto che avere dei recettori per onde elettromagnetiche abbiamo una serie di secchi disposti in maniera ordinata in uno spiazzo che usiamo per raccogliere l'acqua piovana.

Cosa avviene quando piove?

In ciascun secchio entrerà una quantità d'acqua proporzionale sia alle proporzioni del secchio che all'intensità della pioggia.
Se i secchi sono sufficientemente vicini è lecito attendersi che due di essi adiacenti raccolgano la stessa quantità d'acqua, perché sono investiti circa dalla stessa quantità di pioggia, ma questo avviene solo entro certi limiti di tolleranza.
Noteremo, inoltre, che col diminuire delle dimensioni dei secchi tale tolleranza aumenta.

Tale esperimento ci permette di osservare la randomicità della misura di ciascun secchio/fotosito e questa si trasforma, per i nostri scopi, in disturbi visibili sotto forma di rumore.

Altri tipi di problemi osservabili sono i dead pixel e gli hot pixel.

I primi sono dovuti al non funzionamento di taluni pixel che, comunque stimolati, restituiscono sempre il valore misurato 0, mentre i secondi sono malfunzionamenti a causa dei quali i corrispondenti fotositi misurano sempre il valore massimo.




Come si interviene per ridurre o eliminare questi problemi?

L'intervento teoricamente più semplice elimina il problema dei dead/hot pixel.
Nella sostanza si interviene sul firmware della fotocamera "informandolo" di quali pixel soffrono di questo problema (rimappatura), perciò la fotocamera, dopo la misura, sovrascriverà il dato fornito dai corrispondenti fotositi con uno calcolato dalla media dei pixel adiacenti, in pratica un'interpolazione.

Il rumore termico e quello casuale non sono invece eliminabili in maniera così indolore ed aumentano in maniera esponenziale con l'aumentare della sensibilità iso impostata in fase di scatto.

Ulteriori aumenti in fase di sviluppo via software peggiorano ulteriormente la situazione.

Vediamo qual'è il problema cui andiamo incontro.

La sensibilità iso del sensore è una sola, tipicamente la più bassa, le altre sono tutte simulate a partire da quella attraverso l'amplificazione elettronica del segnale catturato.

Se consideriamo che un valore mediamente accettabile per valutare la quantità di rumore intrinseca in una misura è la radice quadrata del valore misurato, possiamo notare come una misura quantitativamente maggiore della luce disponibile porti ad una maggiore affidabilità della stessa.

Per chiarire questo concetto ci serviremo di un esempio numerico.

Se il sensore ha catturato un valore pari a 1000, la sua radice quadrata varrà 33,3; la percentuale di rumore, rispetto al segnale, è del 3,3%.
Se, invece, abbiamo un valore pari a 100 la radice sarà 10, ovvero avremo il 10% di rumore nella nostra misura.

Cosa avviene quando cambiamo sensibilità per poter scattare in bassa luce?

Se a 100iso la coppia tempo/diaframma era 1/250s f/8, alzando ad 800iso la coppia sarà 1/2000s f/8, ma poiché la sensibilità del nostro sensore è sempre 100iso esso ha catturato 1/8 del segnale che avrebbe catturato se la sua sensibilità nominale fosse stata 800iso.

Questo ci porta al problema di avere un segnale catturato di minore intensità con due conseguenze negative:
1. l'aumento del rumore, come abbiamo visto sopra
2. la diminuzione del dettaglio nelle basse luci

Al secondo di essi non c'è soluzione, il dettaglio non catturato non esiste e basta.

Al primo possiamo porre parzialmente rimedio sovraesponendo leggermente l'immagine (nei limiti delle possibilità del sensore di non saturare in corrispondenza delle alte luci) e, in seconda istanza, attraverso i software di rimozione rumore, o denoiser.




I software di rimozione del rumore


A prescindere da quale software abbiamo scelto per porre rimedio al problema del rumore digitale delle nostre fotografie, è opportuno chiarire come essi lavorano per poterli utilizzare al meglio.

La prima operazione che effettua un denoiser è la conversione dallo spazio colore RGB, tipico delle immagini catturate da fotocamere digitali, allo spazio colore CieLAB.

A che scopo effettuare questa conversione?

Poiché il rumore si presenta in maniera casuale su tutte le frequenze dello spettro visibile, ma anche sul valore di intensità di ciascuna frequenza (luminanza), appare evidente che rappresentare le informazioni sotto forma dei canali di luminanza e crominanza (l, a e b) ci permette di ottimizzare il lavoro, dividendo e modulando l'intervento per ciascuna componente.

Dal punto di vista teorico i due canali di crominanza contengono solo una quantità marginale di dettagli, mentre il grosso di essi si trova nel canale di luminanza.

Dopo aver effettuato questa conversione, il denoiser è pronto per profilare il rumore dell'immagine.

La fase di profilazione consiste nell'analisi dell'immagine con la trasformata di Fourier, grazie alla quale dividiamo i dati dell'immagine sulla base delle frequenze relative alle informazioni colore, in questo modo è possibile discriminare quali frequenze o quali bande sono le più disturbate per indirizzare l'azione del denoiser solo su quelle, lasciando intatte tutte le altre, allo scopo di conservarne il dettaglio.



A questo punto possiamo passare alla fase di pulizia vera e propria.

I denoiser hanno, solitamente, 2 slider per il canale di luminanza e 2 per i canali aggregati di crominanza.

Il primo regola l'intensità di intevento, il secondo regola la possibilità di ammorbidire la nitidezza per-pixel, sia per il luma che per il croma.



La regolazione non è sempre semplice, ciascuna immagine richiede una configurazione specifica da valutare volta per volta, comunque un buon metodo consiste nel regolare gli slider separatamente (luma e croma) ma con lo stesso criterio:
1.Si porta al massimo lo slider dell'intervento
2.Si porta al massimo anche lo slider dello smussamento
3.Si riduce progressivamente l'impostazione dello slider dello smussamento fino al minimo tale per cui non compare speckle (punti sparsi di disturbo) sul canale relativo)
4.Si riduce progressivamente l'impostazione dello slider dell'intensità d'intervento fino a trovare un bilanciamento soddisfacente tra segnale e rumore.

Molti denoiser forniscono anche la possibilità di applicare una maschera di contrasto dopo l'elaborazione, per recuperare la sensazione di perdita di nitidezza dopo la pulizia, ma usarla o meno è una scelta dell'utente.

E', invece, importante, anche per il denoiser, una leggera sovraesposizione per discriminare meglio i disturbi e, soprattutto, l'utilizzo nelle primissime fasi del postwork, dato che problemi non risolti prima generano brutti artefatti dopo.

Operazioni come bilanciamento del bianco, rotazioni, maschere di contrasto sono tutte potenzialmente dannose per gli algoritmi di rilevamento rumore dei denoiser ed andrebbero effettuate dopo la pulizia.

L'unica eccezione è rappresentata dal bilanciamento del bianco, ma solo se effettuata su Raw, non su file come Jpg, Tga, Tiff ecc....





Come evidente dalle immagini di sopra alcuni dettagli fini sono stati mantenuti, come la retina dei semafori in alto, mentre quelli della vegetazione al centro sono stati eliminati.

I cursori consentono di lavorare molto su questi fattori, eccedendo con la pulizia si rischia di ottenere risultati ancora più devastanti che sulla vegetazione di questa foto, al punto da far sembrare la foto acquerello.

Sperimentando si può migliorare molto l'aspetto delle proprie foto senza intaccare sensibilmente il dettaglio.

Come al solito questo tutorial è il risultato dell'esperienza del sottoscritto e non ha la pretesa della perfezione, qualsiasi integrazione, correzione, critica è bene accetta ed in qualche modo richiesta.

Le immagini di esempio di dead/hot pixel sono esempi scaricati dalla rete, mentre l'immagine usata è un crop di una foto scattata e scandita dal sottoscritto.
La pulizia è stata effettuata con Noise Ninja, cui sono relative le immagini esplicative sul procedimento.

Da qui in poi il tutorial è cortesia di Pasi Amici

Esposizione e rumore.

Anche l'esposizione di una foto modifica la presenza di rumore. O meglio, più che l'esposizione in sè sono le modifiche fatte a posteriori che possono aumentare o ridurre il disturbo.
Per capirlo immediatamente vi propongo un esempio: ho scattato tre immagini alla stessa scena con luminosità costante, cavalletto, scatto remoto, sollevamento dello specchio e messa a fuoco manuale con live view.

Le tre foto sono state scattate in bracketing: la prima con esposizione corretta, la seconda sovraesponendo di uno stop e l'ultima sottoesponendo di uno stop.

Per tutte diaframma fisso f/5.6, RAW e sensibilità a 1600 iso.
Il corpo macchina è una Canon 40D con montato un Tamron 17-50 f/2.8 VC.

Successivamente con il software fornito dalla casa (Canon Digital Photo Professional, DPP) ho recuperato la foto sottoesposta di 1 stop con un bel +1 al cursore dell'esposizione, e l'opposto per quella sovraesposta, ottenendo tre immagini con uguale luminosità.
Non ho fatto altre modifiche se non impostare per tutte e tre lo stesso bilanciamento del bianco (tungsteno). Ho salvato in JPEG alla massima qualità e estratto 3 crop.

Questa è la scena ritratta:



Mentre questi sono i crop... provate ad indovinare da quali esposizioni arrivano!!





Potete ben vedere come ci sia una bella differenza!
La prima foto è quella sovraesposta che in postproduzione è stata "scurita". Il dettaglio è ottimo e anche le zone in ombra presentano un rumore contenuto. Quasi non si dire che è stata scattata a 1600 iso con una vecchia 40D...
La seconda foto è quella correttamente esposta da subito, che non ha subito nessun ritocco. Il rumore è ben visibile nelle zone in ombra.
La terza foto è quella che è stata recuperata dalla sottoesposizione di uno stop. Il rumore è davvero evidente, specialmente confrontandola con le altre. Si nota anche la perdita di dettaglio nella parte a fuoco. 'na schifezza, insomma.

Eppure è la stessa macchina, allo stesso diaframma, alla stessa sensibilità. Incredibile, eh!
Ecco perché nel digitale per minimizzare il rumore e catturare il massimo dettaglio dall'immagine è buona norma esporre a destra. Cioè sovraesporre il più possibile in ripresa, naturalmente senza bruciare le alte luci, per poi recuperare il tutto sottoesponendo in postproduzione.

Ma come mai accade questo? E come mai il rumore salta sempre fuori nelle ombre, che son quelle che si tenta sempre di schiarire? Andiamo più a fondo...

Analizziamo il comportamento del sensore.
Per semplicità supponiamo che catturi un'immagine ad 8 bit. Oggi i sensori lavorano a 12/14 bit, ma il nostro ragionamento non perde di validità... semplicemente i numeri restano più bassi ed è più facile fare i conti! Smile

Il nostro sensore immaginario cattura immagini ad 8bit/canale. Significa che i tre valori RGB di ogni pixel possono assumere un valore tra 0 e 255 (sono 256 valori, pari a 2 elevato alla 8). Valori vicini allo zero sono per punti scuri, mentre quelli vicino a 255 quelli più chiari.
Basta aprire il selettore colore di un qualsiasi editor per rendersi conto che mescolando rosso verde e blu con tre slide tra 0 e 255 ricaviamo tutti i colori, nero e bianco compresi.
E fin qui niente di strano, no?

Ora passiamo alla parte fotografica. Ogni scena ha la sua estensione tonale (Dinamic Range, DR per gli anglofoni), che si misura in stop. E' la differenza di luminosità tra le massime luci e le minime ombre della scena. Poniamo ad esempio che la nostra scena abbia un'estensione di 7 stop.

Una cosa da tenere ben presente ora è che ad ogni stop di differenza la luce raddoppia o dimezza.

Questo resta valido anche all'interno della stessa scena. Cioè la luminosità totale non si divide linearmente tra le zone, ma si dimezza man mano che mi sposto dalle alte luci alle ombre. Ecco uno schema di come il nostro sensore registra le varie luminosità:



Vediamo che ogni rettangolo è grande il doppio del precedente: i conti tornano, tra uno stop e il successivo la luminosità deve essere il doppio. Ecco qui l'inghippo... il sensore "sente" in maniera lineare, mentre il nostro occhio e la pellicola sentono in maniera logaritmica.

Come si può vedere, metà delle informazioni di un file ad 8 bit sono sfruttate per le alte luci! Metà della metà per i toni chiari... metà della metà della metà per i mezzitoni!! E per le ombre restano davvero le briciole.
Il rumore viene fuori principalmente nelle zone d'ombra proprio perché è lì che il sensore raccoglie meno informazioni con cui ricostruire il file a posteriori. Ancor più se le ombre vengono "tirate su" in postproduzione, dove il software fa quel che può per ricostruire un'immagine con pochissime informazioni a disposizione.

Oggi le fotocamere registrano RAW a 14 bit, cioè con 16834 valori per canale. Alcuni anni fa si fermavano a 12 bit, cioè a 4096. Ecco uno dei motivi dei miglioramenti tecnologici sul fronte.
Tuttavia il nostro ragionamento resta valido: le zone d'ombra vengono registrate dal sensore con una parte infima della sua possibilità, che è invece occupata principalmente dalle alte luci. Esponendo a destra (cioè al limite della bruciatura delle alte luci) andiamo a far lavorare il sensore in maniera ottimale, raccogliendo molte più informazioni che con un'esposizione corretta o peggio, una sottoesposizione recuperata.

Prendiamo un'immagine scattata con un'esposizione corretta, con la classica gobba al centro dell'istogramma:



Vediamo che le alte luci sono registrate con tante informazioni (il 75% addirittura!) mentre per i mezzitoni e le ombre resta sempre meno capacità di registrazione, e ampi settori di luminosità vengono memorizzati con pochi valori nel nostro file. Una foto sottoesposta è messa ancora peggio: qui praticamente metà della potenzialità del sensore non viene sfruttata!!



Mentre una foto sovraesposta fa lavorare il sensore al meglio, facendo coincidere la luminosità dell'immagine con il massimo rendimento:



Perché impazzire?
Qualcuno si chiederà perché in ripresa devo sovraesporre, se tanto poi in postproduzione mi riconduco sempre ad un'esposizione corretta, stando davanti al PC e perdendo tempo. Quello che cambia è il file di partenza: se in ripresa ho sovraesposto adeguatamente, potrò poi processare un file molto molto più ricco di informazioni. Queste informazioni si tradurranno in minor rumore e in maggior dettaglio.


Ecco spiegato l'esempio d'inizio: sovraesponendo in ripresa il sensore ha potuto catturare molte più informazioni rispetto all'esposizione "corretta". E la differenza è stata solamente di uno stop!
Sottoesponendo, invece, è stato come pedalare controvento...


In conclusione, se la parte teorica può sembrare complessa, le applicazioni pratiche sono semplicissime: a parità di sensibilità potendo è sempre meglio sovraesporre in fase di ripresa, per poi recuperare gli stop "aggiunti" in postproduzione; è meglio evitare di sottoesporre volutamente pensando poi di schiarire il file successivamente.
Ma quanto sovraesporre? La risposta è semplice: finché non iniziamo a bruciare le luci, che una volta bruciate i dati sono persi per sempre.

Per chi volesse approfondire (in inglese):
http://www.luminous-landscape.com/tutorials/expose-right.shtml
http://www.luminous-landscape.com/tutorials/optimizing_exposure.shtml

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Ultima modifica effettuata da _Alex_ il Mer 03 Lug, 2013 7:29 am, modificato 1 volta in totale
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MessaggioInviato: Mar 02 Lug, 2013 5:31 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Stasera lo sistemo meglio, manca un'immagine nel mio messaggio e tutte le immagini della parte di Pasi.....
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