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Etica del fotogiornalismo

 
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AleZan
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MessaggioInviato: Mer 06 Mgg, 2009 1:48 pm    Oggetto: Etica del fotogiornalismo Rispondi con citazione

Visto che l'argomento è emerso qui in alcuni post, ecco un ulteriore contributo:
http://www.cultframe.com/2009/04/informazione-fotogiornalismo-e-separazione-di-classe/

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_NN_
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MessaggioInviato: Ven 08 Mgg, 2009 3:12 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Un articolo oculato che senza troppi appelli smielati dice quello su cui è giusto riflettere.

Le considerazioni che mi porta a fare sono due.

La prima è relativa al fatto che se tutto il discorso è valido per coloro che si dedicano professionalmente all'attività di reporter, a maggior ragione il discorso, mutatis mutandis, deve essere valido per un comune appassionato che non persegue finalità legata al diritto di cronaca, ma esclusivamente la soddisfazione del proprio hobby o della propria vena "artistica".
Capiterà molto di rado, ovviamente che un comune appassionato si trovi a fotografare delle scene come quelle che abbiamo visto, ma capita con molta più frequenza che anche il semplice appassionato vada in cerca dello scatto facile e ad effetto.

La considerazione di fondo è analoga: non è opportuno strumentalizzare le persone ritratte per la soddisfazione di bisogni esclusivamente personali (premi Pulitzer o semplici attestazioni di bravura su di un forum).

Il secondo punto è l'immagine distorta che questi reporter danno del fotogiornalismo. Sembra che il titolo di reporter venga nell'immaginario collettivo (dei non addetti ai lavori) legato al racconto di guerra, della morte, della devastazione, del servizio realizzato in aree calde del globo, quando invece, come nello stesso articolo si dice, il nucleo del fotogiornalismo è la documentazione, la testimonianza di qualsiasi cosa sia necessario raccontare, anche la famigerata cacchina sul marciapiede in un giornale di cronaca cittadina.

Molto acuto mi è sembrato anche il riferimento ai mezzi impiegati per raccontare il dolore. Sgrandangolate, piani fuori fuoco di stampo cinematografico, insomma tutto ciò che è rende visivamente bella la foto è un inutile orpello quando a parlare devono essere i protagonisti e la realtà documentata. Sembra veramente che il fine ultimo non sia la testimonianza ma portare a casa delle belle foto.
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d23
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MessaggioInviato: Ven 08 Mgg, 2009 5:56 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

grazie, bell'articolo
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Cosimo M.
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MessaggioInviato: Ven 08 Mgg, 2009 6:27 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Appena posso dò una lettura.
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malinamelina
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MessaggioInviato: Sab 09 Mgg, 2009 12:09 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Personalmente, trovo da sempre insopportabile immaginare che si possano fare fotografie in situazioni di estremo dolore: farle. Chi le fa deve in qualche modo essere cinico, che usi "sgrandangolare" o meno. L'atto di rubare una scena di dolore è sempre predatorio, violento, crudele, per il fatto stesso che una macchina fotografica stia tra te e chi è ripreso, che chi è ripreso venga inquadrato e poi chi inquadra passi ad altro e tanti saluti.
Ma c'è chi ha lo stomaco per farlo. E c'è anche in questo caso chi fa buone fotografie e chi cattive fotografie, pur sempre fotografie, atti predatori.
Farrell ha fatto un ottimo reportage. Punto.

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Cosimo M.
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MessaggioInviato: Sab 09 Mgg, 2009 4:01 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Un articolo molto interessante. E anche i commenti non sono da meno.
Indubbiamente sulla "pornografia" dell'esibizione del dolore (rigorosamente altrui) credo che dovremmo essere tutti d'accordo.

Il problema di fondo, come è stato notato nei commenti, è:
"qual'è il movente dello scatto fotografico?".

Il punto è che oggi lo scopo principale, o quantomeno "non secondario" della fotografia, è quello di far vendere giornali.
Se i giornali non si vendono, non c'è il budget per pagare il fotoreporter, tra le altre cose.

Purtroppo molta squallida borghesia attuale usa i media per soddisfare le proprie perverse tendenze guardonesche, occultate dietro una facciata di finto perbenismo.

Quindi tutti a guardare (magari dal barbiere o dal parrucchiere) le foto che Sestini ruba all'intimità dei "divi" con elicotteri e super-teleobiettivi.
Tutti a spiare nella casa del grande fratello.
Tutti a guardare lo "spettacolo" della morte con la scusa di pietismo verso le vittime della guerra.

Ovviamente il "tutti" sopracitato è fra virgolette ed indica una massa e non la totalità delle persone.

Credo che oggi, almeno in Italia, il fotoreporter sia una bruttissima professione. Credo che i clienti vogliano assolutamente coerenti con dei pensieri unici.
Vanno benissimo i reportage su come stanno male nel terzo mondo.
Che sottolineano come si stia "bene" da noi.
La vedo dura vendere reportage sulla difficoltà di un italiano onesto ad arrivare a fine mese, sullo sfruttamento degli immigrati clandestini o meno da parte dei datori di lavoro italiani, e così via.

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Anonimo.
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MessaggioInviato: Sab 09 Mgg, 2009 4:51 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

malinamelina ha scritto:
...Farrell ha fatto un ottimo reportage. Punto.

...ha fatto belle foto. Però io che sono un vecchiaccio malvagio ci vedo in filigrana, chissà perchè, un logo. Magari Benetton. Sarò stato abituato male... Diabolico

Alberto
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AleZan
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MessaggioInviato: Sab 09 Mgg, 2009 5:45 pm    Oggetto: Rispondi con citazione

Premetto che sono sostanzialmente d'accordo con quanto sostiene l'articolo in link. Ma vorrei fare qualche distinguo.

1) Condivido l'opinione di chi scrive in particolare quando sottolinea come anche attraverso la fotografia si possa perpetuare quel rapporto ineguale "noi-loro" che divide il mondo tra ricchi e poveri.
Va bene sottolinearlo, purché nessuno (proprio nessuno) si chiami fuori e si dica "innocente". E dico proprio nessuno: perché se stasera esco con gli amici e in una serata consumo quello che una famiglia del Darfur consuma in sei mesi, significa che faccio anch'io parte dei sistema del disequilibrio.
Quindi va bene scandalizzarsi contro i fotografi che speculano sulle tragedie, ma almeno facciamolo nella consapevolezza di essere tutti complici e non presunti innocenti. Niente prediche ipocrite.

2) Non credo francamente che il problema sia estetico o riconducibile a "stilemi" fotografici. Non sono l'uso del grandangolo o dello sfocato ad essere "osceni", ma è l'orrore che (come il sesso) attira il voyerismo morboso. E l'orrore appartiene, secondo le nostre norme sociali, alla categoria dell'osceno. Apparentemente respinto e in realtà ricercato.
Quindi è la spettacolarizzazione dell'orrore ad essere oscena, ma dà alla gente semplicemente quello che la gente chiede. Anche qui, prima di dare tutta la colpa ai fotografi....
Ma è vero che i fotografi in quanto autori (cioè agenti attivi) dovrebbero riflettere su quanto le loro immagini veicolano.
Sull'orrore mi tornano sempre in mente le parole che F.F.Coppola fa dire a M.Brando nelle ultime scene di Apocalypse Now, ma qui si torna al punto 1).

3) Dico questo perché è pericoloso affibbiare la responsabilità all'uso di un certo obiettivo o di qualsiasi altro "fondamentale" del linguaggio fotografico. E' l'intento con cui si produce un'immagine dell'orrore ad essere (eventualmente) spettacolarizzante e quindi (eventualmente) osceno. Tutto il resto appartiene al modo con cui nel tempo si evolve il modo di raccontare che la fotografia usa. Possono essere mode passeggere, possono essere nuovi modi di vedere. Non importa. Sta sempre nella libertà dell'autore usare uno "stilema" o un altro. Non vorrei che si facesse confusione attribuendo allo stile un valore etico (positivo o negativo).
Qualcuno forse si ricorderà come negli anni '60-'70 tutta la fotografia sociale che utilizzava il grandangolo era considerata "di sinistra", perché il grandangolo ci portava "dentro la scena". Boiate. Anche in questo caso era semmai l'intento del fotografo ad essere più o meno "politico".

4) Sono andato a rivedere le foto vincitrici del WPP dal 1955 ad oggi. Un po' ingenuamente: alla ricerca di una "linea di confine", di un prima e di un dopo. Non l'ho trovato. Certo che il 1984 "spinge forte"... Ma non mi ricordo che all'epoca questa foto fece scandalo.
La carrellata di 50 anni comunque mi pare dia l'idea di una progressiva necessità di "aumentare la dose" di orrore, come si fa con la droga (altro argomento "osceno").

5) Se guardo invece il 1968 e il 1972 vedo due immagini che sono diventate due icone contro tutte le guerre. Corpi di bambini bruciati vivi dal napalm. Eppure quell'orrore ha scosso le coscienze di mezzo mondo, contribuendo a far si che tanti si mobilitassero contro la guerra.
Non vorrei che questa censura verso chi mostra l'orrore ci facesse dimenticare il valore di documentare certe realtà. Non vorrei che invece corrispondesse nascostamente ad un desiderio di "girarsi dall'altra parte" troppo diffuso oggi.

6) Chiudo citando il lavoro di Jessica Dimmock, Ninth Floor. Iper-premato, lo conosciamo tutti. Ma vorrei ricordare che la Dimmock all'epoca non era una agguerrita freelance. Era alla ricerca del soggetto su cui lavorare per il saggio di fine corso della sua scuola di fotografia. Segue per giorni un homeless, che alla fine la porta nell'appartamento al nono piano....
Cosa dobbiamo dire a Jessica? Potevi darti una calmata?
Per me è uno dei più bei lavori che io abbia visto negli ultimi anni.
Osceno?

Mi scuso per l'essere stato così prolisso. Ma è sabato pomeriggio e finalmente si tengono le finestra aperte....
Smile

ciao

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MessaggioInviato: Dom 10 Mgg, 2009 12:41 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Alberto Nencioni ha scritto:
malinamelina ha scritto:
...Farrell ha fatto un ottimo reportage. Punto.

...ha fatto belle foto. Però io che sono un vecchiaccio malvagio ci vedo in filigrana, chissà perchè, un logo. Magari Benetton. Sarò stato abituato male... Diabolico

Alberto

Wink


di tutto l'articolo mi piace sopratutto la parola colonialista. mi pare renda perfettamente l'idea.

non mi piace questa "verità" ostentata. non mi piacciono ste foto "coinvolgenti". chissà perchè sti fotgrafi mi sembrano tanto hollywoodiani, molto più di chi fa glamour.un fotografo tipo La Chapelle lo trovo più onesto.

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MessaggioInviato: Dom 10 Mgg, 2009 8:07 am    Oggetto: Rispondi con citazione

AleZan ha scritto:
Premetto che sono sostanzialmente d'accordo con quanto sostiene l'articolo in link. Ma vorrei fare qualche distinguo.

1) Condivido l'opinione di chi scrive in particolare quando sottolinea come anche attraverso la fotografia si possa perpetuare quel rapporto ineguale "noi-loro" che divide il mondo tra ricchi e poveri.
Va bene sottolinearlo, purché nessuno (proprio nessuno) si chiami fuori e si dica "innocente". E dico proprio nessuno: perché se stasera esco con gli amici e in una serata consumo quello che una famiglia del Darfur consuma in sei mesi, significa che faccio anch'io parte dei sistema del disequilibrio.
Quindi va bene scandalizzarsi contro i fotografi che speculano sulle tragedie, ma almeno facciamolo nella consapevolezza di essere tutti complici e non presunti innocenti. Niente prediche ipocrite.


Mi sembra che qui il tema sia "l'etica del fotogiornalismo" non l'etica in senso assoluto, altrimenti si potrebbe parlare dei massimi sistemi senza cavare un ragno dal buco. [/quote]

2) Non credo francamente che il problema sia estetico o riconducibile a "stilemi" fotografici ....

Se per etica si intende una regola di comportamento, allora io la intendo, applicata alla fotografia, "cosa" e "come" fotografare determinati soggetti.

Nel come per me rientra anche il concetto di "che tipo di approccio utilizzare con i soggetti ritratti" e che tipo di tecniche usare.

Di fronte alla morte o ad una sciagura, utilizzare strumenti che la rendano "bella" o "visivamente accattivante", dal mio punto di vista è un modo per trasfigurarla, per renderla maggiormente frubilie allo spettatore. La morte, per me, parla da sola, non ho bisogno di perdere tempo a costruirci attorno un insieme di elementi estetici che la rendano gradevole visivamente.

Lo stile quindi è, sempre secondo me, espressione dell'atteggiamento dell'autore verso ciò che vede. Lo stile neutro è il nocciolo del fotogiornalismo come testimonianza piuttosto che come esibizione artistica (inappropriata per determinate tematiche, sempre secondo me).
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fast2
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MessaggioInviato: Dom 10 Mgg, 2009 11:19 am    Oggetto: Rispondi con citazione

Il vincitore del pullizzer dei miei stivali
http://www.youtube.com/watch?v=-C9BICZ7uDM

Del terremoto in Abruzzo non ho visto immagini forti di morti in fila o primi piani di bimbi moribondi, come invece accade per il terzo mondo. Tutto più discreto le case e chiese distrutte, le bare in fila ai funerale. (se mi sbaglio linkate pure). Qualche fotografo avrebbe potuto fare una foto come quella di Farrell? qualcuno ci ha provato ad azzardarsi ma è stato genitlmente accompagnato all'uscita
http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=3.0.3194823698
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MessaggioInviato: Dom 10 Mgg, 2009 11:30 am    Oggetto: Rispondi con citazione

pocket ha scritto:
...Di fronte alla morte o ad una sciagura, utilizzare strumenti che la rendano "bella" o "visivamente accattivante", dal mio punto di vista è un modo per trasfigurarla, per renderla maggiormente frubilie allo spettatore. La morte, per me, parla da sola, non ho bisogno di perdere tempo a costruirci attorno un insieme di elementi estetici che la rendano gradevole visivamente....

...se devi vendere l'immagine la devi trasformare in "prodotto", seguendo mode e gusti contingenti. Una ragazza in foto deve sempre sembrare una zoccola in calore, anche se stai facendo un reportage sul lavoro a maglia, la morte e la disperazione vendono di più se c'è dentro un bambino del terzo mondo, più è scuro meglio è. Se la morte è provocata da un evento naturale o da una parte politica tutti dobbiamo piangere e magari ci scappa l'SMS da un euro, se è provocata da coglionaggine umana o da un'altra parte politica è etichettata come propaganda e sparisce dai media molto in fretta. Bisogna "vitaminizzare" la morte, pomparla con gli steroidi, perchè da sola non buca lo schermo ed è cosa miserrima. Il cadavere del negretto infangato se gli togli il bianconero ad alto contrasto, la composizione accattivante e lo sfocato creativo diventa uno straccio infangato in un mare di merda, non lo distingui neanche più. Non puoi farci una copertina, è solo "polvere alla polvere". Roba da sfigati.

Alberto
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