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essemme86 nuovo utente
Iscritto: 18 Gen 2010 Messaggi: 34 Località: Corsico (MI)
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Inviato: Mer 04 Mgg, 2011 1:42 am Oggetto: Approcciarsi ad un reportage |
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E' da un po' che dubbi di questo tipo mi solleticano la curiosità.
Ma procediamo con un esempio; con una situazione ipotetica.
Ipotizziamo di leggere il giornale, e di capitare nei pressi di un articolo. L'articolo racconta una storia. Una storia in cui si intersecano fondi spariti nel nulla, proteste degli abitanti di un quartiere, xenofobia, povertà, adattamento culturale, immigrazione...
Una palazzina dell'Aler, in una città come Milano, i cui lavori di rifacimento iniziati anni fa, rimangono ancora oggi incompleti e abbandonati. Una palazzina che assomiglia più allo scheletro di se stessa, lasciata a marcire nel degrado più totale.
Una palazzina che ora offre riparo notturno a decine di immigrati.
Una palazzina ovviamente al centro dei timori più o meno nascosti degli abitanti del quartiere.
Ipotizziamo che la storia interessi. E ipotizziamo che uno decidesse di volerci fare un reportage, con la propria fotocamera e la propria capacità di raccontare una storia per immagini.
Il mio dubbio è:
praticamente, come ci si muove in queste situazioni?
Vedo decine di reportage che raccontano storie di questo tipo, del tutto simili a quella ipotizzata poco sopra. E mi chiedo spesso come il fotografo abbia fatto ad avvicinare quelle persone, fotografare i loro giacigli, fotografare i volti arrabbiati e preoccupati dei vicini...
Insomma, che si fa? Si va là e si entra con la fotocamera in mano? Si entra prima a mani vuote, e si parla con le persone? Anche se la situazione non è del tutto "sicura"? Si va da soli, o accompagnati? Ci si rivolge ad associazioni che si occupano di immigrazione ed assistenza?
Dunque, voi come vi muovereste? A chi vi rivolgereste?
Avete esperienze personali più o meno dirette?
Mi interessa molto tutto ciò che "sta dietro" ad un reportage sociale di questo tipo.
Un saluto,
Stefano _________________ MilanoInForme
https://www.instagram.com/essemme0210/ |
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Bonfa utente
Iscritto: 25 Ott 2007 Messaggi: 244
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Inviato: Mer 04 Mgg, 2011 10:29 am Oggetto: |
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Prima di tutto informati bene: informati se esiste una associazione che ha già contatti con il quartiere, se c'è un comitato di quartiere, se esiste una associazione (forse Caritas o altro) che si occupa dei migranti e dei poveri cristi che usano quel cantiere abbandonato come ricovero spiegandogli cosa vuoi fare e quali sono le tue intenzioni.
Se riesci a farti introdurre da loro che magari non vedono l'ora di avere visibilità per le loro proteste, ecc. riuscirai sicuramente ad avere un ottimo biglietto da visita.
Altrimenti sta a te andare e conquistarti la fiducia di tutti che, ovviamente, è più rischioso. _________________ http://fotomoleskine.wordpress.com |
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AleZan coordinatore
Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11697 Località: Bologna
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Inviato: Mer 04 Mgg, 2011 11:42 am Oggetto: Re: Approcciarsi ad un reportage |
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essemme86 ha scritto: | Il mio dubbio è:
praticamente, come ci si muove in queste situazioni?
Vedo decine di reportage che raccontano storie di questo tipo, del tutto simili a quella ipotizzata poco sopra. E mi chiedo spesso come il fotografo abbia fatto ad avvicinare quelle persone, fotografare i loro giacigli, fotografare i volti arrabbiati e preoccupati dei vicini... |
Il tema della capacità di "inserzione" del fotografo sul campo è sempre importante e (qui) forse poco discusso.
Non ci sono, come puoi immaginare, delle regole fisse e sicure.
Ognuno usa strategie che fanno molto più riferimento alla proprie caratteristiche di personalità, di capacità di relazione con gli altri, piuttosto che a capacità "fotografiche".
Il primo obiettivo minimo è quello della accettazione. Se le persone rifiutano di essere riprese, un lavoro in una situazione come quella che tu descrivi semplicemente non lo fai.
L'accettazione si costruisce con un processo di empatia personale (non è descritta nei manuali di fotografia...), ma anche cercando di spiegare il "perché" si vuole fotografare una situazione.
Se io non capisco "perché" tu mi vuoi fotografare, ti guardo con diffidenza e sospetto, ma se tu me lo spieghi in modo che io capisca...
Non sempre si può pretendere che le persone riprese condividano le tue motivazioni, ma almeno non devono considerarti come un possibile nemico.
Tieni anche conto che certe categorie di persone, particolarmente sfortunate socialmente, negli ultimi anni sono state iper-fotografate, e giustamente possono essere molto smaliziate e ciniche rispetto ad un fotografo che si avvicina con tante belle motivazioni ideali di solidarietà...
L'empatia non so se si insegna. Ma comprende atteggiamenti come sorridere, parlare di cose futili, saper ascoltare a lungo, saper condividere un'attesa inutile, una sigaretta, un caffè, un pasto consumato in una situazione igienicamente per te inaccettabile, o anche un posto letto in una situazione indescrivibile. Tutte cose che personalmente a me sono successe e senza dovere andare dall'altra parte del mondo...
Per "entrare" in una situazione va benissimo andare le prime volte senza macchina fotografica solo per conoscere e farsi conoscere dalle persone, va benissimo illustrare prima il progetto a qualcuno che goda della fiducia dei tuoi soggetti e farsi poi presentare. Hai avuto idee tutte molto sensate.
Di fondo quel che conta è il rispetto degli altri. Le persone si accorgono perfettamente se sono trattate con rispetto, sincerità o con il paternalismo dei buoni sentimenti.
Bisogna sapersi mettere alla pari. Un materasso sporco buttato in un angolo polveroso per chi sta lì è una camera da letto. Tu accetteresti che uno sconosciuto entrasse nella tua camera da letto mentre te ne stai lì tranquillo e pretendesse di sparare foto a raffica?
Quale legame di fiducia e quanto tempo occorrerebbero affinché tu accettassi questo sconosciuto fotografo?
Ogni relazione di fiducia ha bisogno di certe condizioni e di un certo tempo.
Poi ci sarebbero altri temi interessanti. Ma per ora...
ciao _________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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Davì utente
Iscritto: 19 Lug 2009 Messaggi: 434 Località: Prov. di Messina
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AleZan coordinatore
Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11697 Località: Bologna
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Inviato: Dom 08 Mgg, 2011 4:13 pm Oggetto: Re: Approcciarsi ad un reportage |
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Davì ha scritto: | Se non ora, quando? |
Quando si vuole. Ma vedo che il tema non ha suscitato grande interesse...
_________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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Sisto Perina bannato
Iscritto: 16 Giu 2007 Messaggi: 21894
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Inviato: Dom 08 Mgg, 2011 4:47 pm Oggetto: Re: Approcciarsi ad un reportage |
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AleZan ha scritto: |
Quando si vuole. Ma vedo che il tema non ha suscitato grande interesse...
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...a me sinceramente interessa |
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AleZan coordinatore
Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11697 Località: Bologna
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Inviato: Lun 09 Mgg, 2011 3:41 pm Oggetto: Re: Approcciarsi ad un reportage |
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Sisto Perina ha scritto: | ...a me sinceramente interessa |
Molto bene, ne sono contento.
Intanto si potrebbe commentare quanto detto fin qui.
Siamo tutti d'accordo?
Esperienze personali?
Domande? _________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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AleZan coordinatore
Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11697 Località: Bologna
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Inviato: Mar 31 Mgg, 2011 8:01 am Oggetto: |
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Peccato non ci siano stati altri contributi...
_________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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il signor mario bannato
Iscritto: 01 Ago 2006 Messaggi: 9669
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Inviato: Mar 31 Mgg, 2011 9:11 am Oggetto: |
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è un tema particolarmente interessante ma non sono n grado di intervenire in maniera costruttiva, mi limito a leggere e a cercar di imparare. Spero che ci siano altri interventi, e sotto sotto spero in qualche scatto illustrativo, oltre ai suoi interventi, di Alessandro. |
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Daniele Nesi non più registrato
Iscritto: 19 Gen 2005 Messaggi: 805
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Inviato: Gio 02 Giu, 2011 1:11 am Oggetto: |
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penso che alla base ci deve essere interesse verso il soggetto
l'empatia viene da se
come dice alezan andare prima senza la macchina fotografica per conoscere è gia questo, per me, un primo indice di interesse
purtroppo spesso, sottoscritto compreso, si parte armati di reflex e borsone per la voglia di fare foto per il piacere di sentire quel clic...poi cosa/chi sta davanti all'obiettivo non è cosi importante |
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Shedar utente attivo
Iscritto: 06 Dic 2007 Messaggi: 3651 Località: Amena
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Inviato: Gio 02 Giu, 2011 10:12 am Oggetto: |
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Credo che cio' di cui si discute in questo topic sia proprio cio' che distingue il bravo reporter dal resto dei fotografi. E non si impara.
Ricordo in passato un corso di fotografia in cui il lavoro piu' bello fu fatto dalla ragazza meno tecnicamente dotata ed attrezzata della classe (aveva solo una 350D con ciofegon allegato ....e la usava in automatico).
Una mezza "punkabestia" (nel senso positivo).....giovane universitaria che condivideva la propria casa con gente proveniente dalle parti piu' disparate del sud del mondo.
Chissa' perchè e chissà come .....ma volendo fare un reportage sui rom riusci a farsi invitare anche a cena al loro campo.
Inutile dire quanto lo spessore del racconto da lei realizzato fosse anni luce avanti rispetto alle solite menate proposte dal resto dei corsisti super attrezzati ed iper tecnicamente preparati.
IMHO un ragazzino/a "figlio di papà" non avrebbe MAI potuto approcciarsi all'argomento con la stessa sincerità nemmeno preparandosi per un milione di anni. Credo che per raccontare certe cose in modo veramente efficace bisogna in qualche modo farne parte sul serio ....portarsi dentro da sempre e dalla nascita un pezzettino di quel mondo. Pretendere di catapultarsi sulla preda dall'alto.... e dopo il lavoro dimenticarsene per sempre penso serva solo a produrre l'ennesima serie di foto inutili e gia' viste.
Se fossi un redattore sceglierei il reporter adatto alle varie situazioni giudicando in base al suo background culturale ed alla sua personalità prima ancora che in base alle sue capacità tecniche. _________________ Clicca qui' se cerchi manuali di ingranditori ed accessori da camera oscura. || Clicca qui' per un database di immagini fatte con lenti e corpi di vario genere e marca. || Qui' informazioni sulle carte fotografiche in produzione. ||
Qui' se cerchi manuali di fotocamere o documentazione su accessori.||
Qui' Per trovare i tempi di sviluppo di ogni pellicola con ogni rivelatore. |
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Sisto Perina bannato
Iscritto: 16 Giu 2007 Messaggi: 21894
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Inviato: Gio 02 Giu, 2011 11:04 am Oggetto: |
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Allacciandomi all'esaudiente discorso fatto da AleZan io credo che ci si debba soffermare su un passaggio: Citazione: | L'empatia non so se si insegna | ...
Sicuramente non si insegna da un momento all'altro, vi saranno pure corsi per conoscere al meglio le persone, libri e libri di psicologia e quant'altro ma non penso vi sia un pulsante facile facile da schiacciare che ci porti ad avere un approccio migliore o perfetto a seconda della persona che ci troviamo di fronte....
E' il background nostro che si dovrebbe analizzare: l'insieme di valori che ci portiamo addosso...siano essi culturali, educativi, di rapporti interpersonali ed altro...e tutto ciò metterlo a confronto o a disposizione della persona, gruppo o comunità con la quale vogliamo interagire...
Sul contesto fotografico e reportagistico mi piacerebbe che il reporter, nel suo lavoro, riuscisse solamente a fare da tramite tra soggetto e società.....
Non è un ruolo secondario perchè questa riproduzione della realtà dovrebbe essere documentata fedelemente e priva di qualsiasi forma di interferenze personali....
Progetto difficilissimo il riuscire a descrivere senza farsi influenzare o influenzando....utopistico direi....
Voi che ne pensate? |
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AleZan coordinatore
Iscritto: 16 Giu 2006 Messaggi: 11697 Località: Bologna
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Inviato: Gio 02 Giu, 2011 11:50 am Oggetto: |
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Sisto Perina ha scritto: | Sul contesto fotografico e reportagistico mi piacerebbe che il reporter, nel suo lavoro, riuscisse solamente a fare da tramite tra soggetto e società.....
Non è un ruolo secondario perchè questa riproduzione della realtà dovrebbe essere documentata fedelmente e priva di qualsiasi forma di interferenze personali....
Progetto difficilissimo il riuscire a descrivere senza farsi influenzare o influenzando....utopistico direi....
Voi che ne pensate? |
Sì, in effetti è utopistico.
Ritorna la polemica sull'impossibile oggettività della fotografia. L'apparecchio funziona meccanicamente, l'operatore no.
E' una questione che ha riguardato non solo il fotogiornalismo ma anche gli usi scientifici della fotografia, ad esempio nelle scienze umane come sociologia e antropologia.
L'antropologo che usa degli strumenti di registrazione visuale per ricavare dati sul campo, su cui costruire una successiva analisi, dovrebbe registrare quel che vede in modo assolutamente neutro, come dovrebbe essere ogni dato scientifico.
Anche in queste discipline si è però arrivati alla conclusione che nonostante il ricercatore si sforzi di essere assolutamente neutrale rispetto a ciò che vede, inevitabilmente non lo è.
Quindi il problema diventa "quanto è bravo" il fotografo nel darci la sua interpretazione. Perché sempre di un'interpretazione si tratta.
Mentre per chi scatta il problema è diventare consapevoli della propria "non-obiettività".
Sul discorso dell'inserzione, vorrei aggiungere due esempi recenti che mi sono piaciuti e che cito spesso:
1) l'ormai famosissimo lavoro di Jessica Dimmock, allora studentessa di fotografia all'ICP di New York, su un appartamento occupato da un gruppo di tossicodipendenti
2) il lavoro di Stefan Bladh che ha vissuto lunghi periodi insieme ad una famiglia rom nell'arco di sette anni
Cito questi due esempi perché secondo me rappresentano dei casi di inserzione davvero molto difficile ma che è riuscita pienamente, con risultati davvero notevoli.
Peccato che la Dimmok faccia le foto tutte mosse e sfocate, altrimenti l'avrei proposta per la "foto della settimana"...
ciao _________________ Alessandro - www.alessandrozanini.it
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Teo76 utente attivo
Iscritto: 23 Ago 2004 Messaggi: 4807 Località: Torino
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Inviato: Ven 03 Giu, 2011 2:12 pm Oggetto: |
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AleZan ha scritto: |
Peccato che la Dimmok faccia le foto tutte mosse e sfocate, altrimenti l'avrei proposta per la "foto della settimana"... |
Diabolico!
Scherzi a parte, bisogna riuscire ad "entrare" nell'ambiente che si vuole fotografare... esagerando, bisogna "diventare" l'ambiente che si vuole fotografare proprio per crear quell'empatia fondamentale per far un lavoro vero e non soltanto una sua distaccata rappresentazione.
Farsi presentare da qualcuno che in quell'ambiente ci vive ed è "rispettato" è un ottimo metodo; per arrivare a questa persona la strada può essere molto lunga e tortuosa, magari cercando chi ai margini di quel mondo ci lavora (nell'esempio un'associazione, assistenti sociali, etc.) e da li contatto dopo contatto riuscire ad entrare.
Questo di solito è il lavoro dei bravi reporter.
_________________ Matteo www.matteonobili.com
Sono ottimista: un giorno la Terra servirà a concimare un pianeta lontano [Altan] |
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gaetano_df utente attivo
Iscritto: 01 Feb 2007 Messaggi: 820
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Inviato: Ven 03 Giu, 2011 2:24 pm Oggetto: |
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AleZan ha scritto: | Sì, in effetti è utopistico.
Ritorna la polemica sull'impossibile oggettività della fotografia. L'apparecchio funziona meccanicamente, l'operatore no.
...
Quindi il problema diventa "quanto è bravo" il fotografo nel darci la sua interpretazione. Perché sempre di un'interpretazione si tratta.
Mentre per chi scatta il problema è diventare consapevoli della propria "non-obiettività".
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L'innocenza della fotografia, o della fotografia giornalistica nello specifico, che è rappresentazione parziale e mediata della realtà proprio perché come giustamente dice AleZan, la fotocamera ragiona con un occhio solo e senza cervello, mentre il fotografo il cervello ce l'ha (per fortuna) e di occhi ne ha due, è un falso concetto dal quale ci si dovrebbe affrancare una volta per tutte. Personalmente non ho mai creduto al buon selvaggio, tantomeno nei tempi attuali...
Noi interpretiamo, la fotocamera è un medium (mezzo tecnico) e quindi interpreta, il supporto, sia esso pellicola o sensore, introduce un'altra interpretazione, la stampa finale ne è un'ennesima.
E poi quale realtà? quale pretesa introduciamo nel voler considerare l'esiguo spicchio che abbiamo davanti agli occhi come "realtà"?
Già nel momento in cui inquadriamo decidiamo NOI cosa è realtà e cosa ne rimane fuori... se usiamo poca profondità di campo o attraverso l'uso della luce possiamo scegliere di dare maggiore o minore rilievo ai nostri argomenti... quindi?
Secondo me si può solo tentare di mediare con rispetto e sensibilità evitando di travisare o raccontare il falso: questo può (deve) essere un limite.
Nello specifico dell'autore del thread, è necessario essere molto motivati (domandati perché ti interessa andare lì), accostarsi con rispetto, analizzare condizioni e territorio e soprattutto il territorio in rapporto a chi lo popola, accettare anche che le cose siano diverse dai preconcetti che ci siamo formati sull'argomento; instaurare un rapporto, far si che la distanza dai soggetti ripresi sia tale da far entrare nella situazione anche chi osserverà le fotografie, soprattutto attraverso la NOSTRA partecipazione alla situazione.
Ci vuole tempo, costanza, motivazione e curiosità che generano determinazione.
Come si diceva non ci sono ricette, tanto è vero che non tutti i fotografi raccontano le stesse cose, gli stessi fatti, gli stessi ambienti, le stesse "realtà".
AleZan ha scritto: | 1) l'ormai famosissimo lavoro di Jessica Dimmock, allora studentessa di fotografia all'ICP di New York, su un appartamento occupato da un gruppo di tossicodipendenti
Peccato che la Dimmok faccia le foto tutte mosse e sfocate, altrimenti l'avrei proposta per la "foto della settimana"...
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Il lavoro (eccezionale) di Jessica Dimmock linkato da AleZan, nasce dalla profonda motivazione di raccontare un ambiente; ma l'autrice è come tappezzeria in quelle situazioni, è invisibile ed è dentro la situazione, perché fa (ha fatto) parte della situazione, conosce i suoi soggetti, è parte della famiglia. E anche in una simile condizione, non è lavoro di un giorno.
E se le sue foto fossero state tutte ben nitide, non penso che avremmo avuto la sensazione di mal di mare che coglie osservando lo svolgersi della storia, quasi sentissimo il fetore e il raccapriccio di quella situazione.
Se davvero VUOI documentare una situazione come quella che hai descritta non penso che tu possa arrivarci da solo: comincia dal comitato di quartiere, dalle associazioni, frequenta la situazione attraverso chi può aprirti le porte; poi, sempre che tu abbia deciso che è un argomento che ti interessa realmente e non è solo un fatto di fascinazione per aver visto il lavoro di altri, segui piano piano l'evolversi degli eventi. Mettiti alla prova fotograficamente (perché poi non è così scontato), documentati, ragiona e poi INTERPRETA, e ti ritroverai a tornare a casa una volta con una foto, dieci volte con nessuna e qualche altra con tre o quattro, e alla fine sarà (probabilmente) un lavoro e (soprattutto) un'esperienza personale.
Molto sinteticamente e senza nessuna pretesa di scientificità eh...
Gaetano |
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ioclick utente attivo
Iscritto: 24 Giu 2011 Messaggi: 2915 Località: Castellanza (VA)
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Inviato: Mar 26 Lug, 2011 2:54 pm Oggetto: |
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Ciao a tutti e complimenti per le vostre considerazioni.
Anch'io voglio dare il mio modesto contributo a questa discussione.
Diciamo che pur "rispettando" certi pareri io non "condivido" che il reporter debba essere "asessuato"ANZI proprio il contrario, come tutti quelli che hanno qualcosa da raccontare, anche il reporter "propone" la realtà che vive e vede (per un momento o da sempre) esattamente come lui la interpreta, diventa democratico solo nel momento in cui la "butta in pasto" al pubblico, dove la sua storia fotografica "perde" l'aggettivo "SUA" per divenire stimolo di riflessione per chi guarda (ognuno coi suoi occhi)
La ricetta magica non c'è, ma sicuramente tanta esperienza di vita e molta cultura (di sensibilità non parlo neppure visto il forum dove sto scrivendo) non guastano mai ...
ANZI forse fanno la vera differenza
Una piccola nota di colore Il Sig. Colt ha inventato uno strumento che ha "Cambiato la Storia" il miglior pistolero che usava il revolver colt una volta disse: "Non mi fa tanta paura vedermi puntata una pistola addosso! Quello che veramente mi fa paura sono gli occhi da chi la impugna!"
Scatti buoni e ... Tanta Luce _________________ Il mondo è divenuto uno "specchio Nero" che non riflette più la mia immagine ... Cacchio!!! Sono diventato un ombra troppo chiusa? |
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ioclick utente attivo
Iscritto: 24 Giu 2011 Messaggi: 2915 Località: Castellanza (VA)
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Inviato: Mar 26 Lug, 2011 5:00 pm Oggetto: |
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Guardare giu'
_________________ Il mondo è divenuto uno "specchio Nero" che non riflette più la mia immagine ... Cacchio!!! Sono diventato un ombra troppo chiusa?
Ultima modifica effettuata da ioclick il Mar 26 Lug, 2011 5:12 pm, modificato 1 volta in totale |
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ioclick utente attivo
Iscritto: 24 Giu 2011 Messaggi: 2915 Località: Castellanza (VA)
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Inviato: Mar 26 Lug, 2011 5:00 pm Oggetto: |
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AHH!!!
Scusate non ho spiegato/detto qual è il mio atteggiamento:
Seppur persona "riflessiva"
sia sui "pro" che sui "contro" che una situazione può creare, fino a divenire anche una situazione critica
Il mio atteggiamento è quello di "buttarmi", facendomi coinvolgere (chiaramente se ci credo) e risolvendo i "logici" problemi che si presentano di volta in volta, esattamente come faccio sempre col mio modo di "affrontare la vita quotidiana "
Questo vale sia per l' ordinario che per lo straordinario, al punto tale che ad oggi, compiuti 53 anni non capisco più (o forse non mi interessa più capire) cosa è "ordinario" e cosa invece "straordinario"
Funziona???
Non so!!!
Come citano i grandi:
"Ai posteri l'ardua sentenza" (ma sarà poi vero?) _________________ Il mondo è divenuto uno "specchio Nero" che non riflette più la mia immagine ... Cacchio!!! Sono diventato un ombra troppo chiusa? |
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bird101 utente attivo
Iscritto: 27 Lug 2005 Messaggi: 1286
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Inviato: Mar 25 Set, 2012 9:22 pm Oggetto: |
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ho letto la domanda iniziale e molto velocemente i post di seguito, provo a dire la mia.
trovi una idea che ti interessa e la fai diventare progetto.
progetto significa avere bene in testa cosa vuoi fare e perchè, ma molto chiaro in testa (poi puoi modificarlo, ovvio, ma deve essere chiaro). perchè vuoi fare queste foto?
col progetto in testa decidi che fare: servono le persone nelle foto? se servono le persone serve una relazione con loro.
quindi si gioca su come sei tu e come sono loro: sei piccolina emo, grosso e barbuto, hipster fighetto etc etc
e "loro" come sono? operai incazzati, barboni, camorristi, politici, emo, hipster etc etc
non c'è ricetta, come non c'è per conquistare la donna della vita o per educare i figli.
se hai l'accesso, come fotografo intendo, inizi a fare foto
io sono per la via istintiva, poi ognuno fa quello che vuole, purchè poi abbia delle 'foto' da guardare (e non snapshot rubate e illegibili che poi devi per forza mettere in bw e spacciare per ricerca artistica)
la realtà di chi sei la vedi quando poi selezioni:
a che distanza ti sei messo, da che altezza, muovi il culo o 'zummi', quanto hai condiviso gli odori etc etc
per fare questo però... bisogna staccarsi da questo monitor e andare _________________ Ciao |
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Ugolino Conte utente
Iscritto: 21 Ago 2012 Messaggi: 320
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Inviato: Ven 12 Ott, 2012 10:45 pm Oggetto: Re: Approcciarsi ad un reportage |
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essemme86 ha scritto: | E' da un po' che dubbi di questo tipo mi solleticano la curiosità.
Ma procediamo con un esempio; con una situazione ipotetica.
Ipotizziamo di leggere il giornale, e di capitare nei pressi di un articolo. L'articolo racconta una storia. Una storia in cui si intersecano fondi spariti nel nulla, proteste degli abitanti di un quartiere, xenofobia, povertà, adattamento culturale, immigrazione...
Una palazzina dell'Aler, in una città come Milano, i cui lavori di rifacimento iniziati anni fa, rimangono ancora oggi incompleti e abbandonati. Una palazzina che assomiglia più allo scheletro di se stessa, lasciata a marcire nel degrado più totale.
Una palazzina che ora offre riparo notturno a decine di immigrati.
Una palazzina ovviamente al centro dei timori più o meno nascosti degli abitanti del quartiere.
Ipotizziamo che la storia interessi. E ipotizziamo che uno decidesse di volerci fare un reportage, con la propria fotocamera e la propria capacità di raccontare una storia per immagini.
Il mio dubbio è:
praticamente, come ci si muove in queste situazioni?
Vedo decine di reportage che raccontano storie di questo tipo, del tutto simili a quella ipotizzata poco sopra. E mi chiedo spesso come il fotografo abbia fatto ad avvicinare quelle persone, fotografare i loro giacigli, fotografare i volti arrabbiati e preoccupati dei vicini...
Insomma, che si fa? Si va là e si entra con la fotocamera in mano? Si entra prima a mani vuote, e si parla con le persone? Anche se la situazione non è del tutto "sicura"? Si va da soli, o accompagnati? Ci si rivolge ad associazioni che si occupano di immigrazione ed assistenza?
Dunque, voi come vi muovereste? A chi vi rivolgereste?
Avete esperienze personali più o meno dirette?
Mi interessa molto tutto ciò che "sta dietro" ad un reportage sociale di questo tipo.
Un saluto,
Stefano |
Quello che vedi sotto sono i lavori di due reporter ante litteram. Non fare caso al fatto che anzichè la macchina fotografica hanno usato altro. Il fatto da raccontare è il medesimo, il risultato differente.
Mutatis mutandis qui c'è tutto quello che serve per riflettere sul concetto di approccio al soggetto e del racconto degli aspetti salienti di un fatto.
A seconda del quadro che più ti piace potrei consigliarti di lasciar perdere o di insistere. Ma ti lascio riflettere senza condizionarti.
Il resto dei dubbi che manifesti, credimi, sono molto più marginali e riguardano il come, mentre, prima ancora è più corretto chiedersi il perchè. |
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