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photo4u.it - Interviste
Le interviste di photo4u.it! - 5 min. con mukkapazza
Per la Sezione Interviste - "5 minuti con…" per aiutarci a conoscerlo meglio, la nostra Redazione ha intervistato Roberto Mugnaioli, alias mukkapazza, con noi dal 2011. Vi ricordiamo che la Sezione Interviste e le Interviste "5 minuti con...", dal mese scorso, sono state unificate, formando un gruppo unico di interviste a utenti che nel corso del loro cammino su photo4u.it si sono contraddistinti per meriti fotografici e personali. Raccontiamo attraverso alcune domande e relative risposte, con contributo visivo di foto dell'Autore, la storia fotografica e il cammino intrapreso.

Le interviste passate sono disponibili qui Buona lettura a tutti!



28/04/2019

Robbeeeerto? Robbè?

Tranquillo, non hai vinto l'Oscar! Del resto ti sembro la Loren?
Manco avessi Amelia come avatar!!! Scherzi a parte. Ti va di farti intervistare? 5 min. con ...

Unico diktat (due invero): il tuo "nomeecognome" per esteso e una foto che ti ritragga con la macchina fotografica. Che ne dici? Tieni presente che per me la SP non esiste e che per farti questa proposta ho dovuto mitridatizzarmi.

Aspetto con ansia (non è vero. Sì un po' lo è) e curiosità la tua risposta. Buon tutto, Tere


Ciao Tere, che sorpresa! Ma sì che mi va ... di che parliamo? Del tempo? Della Serie A?? Evitiamo la politica, eh ...?!

Dal tuo messaggio ho imparato l'esistenza del verbo mitridatizzare ... Se mi dici anche che cosa significa SP ti dico come mi chiamo (nome, cognome e codice fiscale) e magari ti mando anche una mia foto con la macchina fotografica (roba rarissima ...) Dimmi come si fa per fare il tutto: ci scriviamo? ci sentiamo? seratina?!

Comunque per tua info sono un non-fotografo piuttosto confuso, non so che roba ne esce fuori ... Ciao Rob


Pheeeeegoh! Seratina!!! Sono millenni che non me ne propongono una!!!

SP=spriftpothography, strephportography, stree... Mi strozzo! Non riesco a dirlo, figuriamoci a scriverlo!!!

In genere funziona così:

1) mi studio le tue foto

2) mi leggo i tuoi commenti (già iniziato e, nonostante il tuo "genere di elezione" sia quello, mi stai pure simpatico)

3) mi faccio venire in mente una serie di domande che non si capiscono, in modo che tu possa darmi delle risposte che ti faranno apparire scemissimo (così mi faccio bella io)

4) te le mando via mp o via e-mail e tu mi rispondi alla stessa maniera. In alternativa ci sentiamo al telefono e ti faccio le domande.

Poi, come ogni giornalista che si rispetti, traviso a mio vantaggio tutto quello che ci siamo detti. Per me sarà un vero banco di prova: sino ad ora mi son sempre cimentata in interviste su "generi fotografici" che mi piacevano. Per qualsiasi dubbio non esitare a chiedere.

Buon tutto e a presto! TereZ

PS: Hai letto "Sulla fotografia" della Sontag? Perché mi piacerebbe partire da lì, ma vorrei giocare ad armi pari. Abbiamo tre settimane di tempo, più o meno.

PPS: ne verrà fuori una roba divertente! Lo so già. Anzi, magari facciamo botta e risposta, una domanda alla volta. Che ne dici?

Ah ... ora ho capito, non era poi così difficile, solo che non pensavo che ti dovessi mitriditizzare per parlare di un semplice genere fotografico. Ma ti tranquillizzo, neanche io ci tengo a questa definizione, per cui d'ora in poi possiamo anche non usare più 'ste fatidiche due parole.

Allora ...Mi chiamo Roberto (e questo lo sai) Mugnaioli, sono di Roma, ho 52 anni, nella vita faccio tutt'altro che il fotografo.

Andiamo avanti come dici tu: studia le mie foto, anche se nel forum, a causa di un vissuto di recente un po' saltuario, non ne ho messe tantissime; preparati un po' di domande e io ti risponderò brillantemente, facendoti fare un figurone!

Va bene anche fare botta e risposta (ma potrei non essere velocissimo nelle risposte, non è sempre domenica e negli altri giorni tocca lavorà, anche ...).

Non ho letto il libro della Sontag (lo farò), ma non sono proprio un neofita ... Vorrei rintuzzare suggerendoti il libro di Alex Webb e Rebecca Norris, ma nel titolo ci sono le due paroline indigeste, meglio evitare ricadute ...

Ciao e a presto! r


Profilo su p4u: Qui e Gallery su p4u: Qui

È iniziata così la nuova avventura di “5min. con”.

Ogni intervista è per me un’avventura di “immersione”. Studio le gallerie con pazienza, alla ricerca di un filo conduttore, che non sempre è subito evidente.

Leggo i commenti fatti e le risposte a quelli ricevuti, queste ultime in particolare raccontano molto di noi (non potendo conoscere di persona gli utenti devo ovviare in qualche modo).

Un’intervista un po’ anomala, in effetti, questa che leggerete con Mukkapazza.

Non la solita serie di domande e risposte, piuttosto una riflessione a due sulla fotografia, sul suo significato, sull’illusorietà della suddivisione in generi fotografici, su una possibile filosofia della fotografia (mamma mia!), che ci ha condotti su un terreno nuovo e molto interessante. Per me è stata una piacevole sorpresa dover ricredermi e poi poter confrontarmi con una persona che avevo troppo frettolosamente liquidato come l’ennesimo “strepheer” (che parola O R E N D A !!!), di quelli che riducono il problema della complessità della strada a una macchietta da cabaret.

Roberto con una buona dose di ironia e decisamente molto coraggio si è sistemato sulla sedia Le Corbusier piena di chiodi da fachiro che tengo sempre a disposizione per le mie vittime e … quello che segue è il risultato di quasi un mese di conversazioni. E siccome ci piace fare le cose per bene abbiamo finito col dare anche un titolo.

Anzi, a ben pensarci è il titolo che ha finito col proporsi e poi imporsi, proprio a partire dal libro di Alex Webb e Rebecca Norris Webb, che costituiva una base comune di confronto.


ON STREET PHOTOGRAPHY AND THE POETIC IMAGE

29/04/2019

On Street Photography and the poetic Image?

Letto! E, anche se mi secca ammetterlo, apprezzato. Alex Webb è onesto, dopotutto. Ed è l'autore di una delle poche fotografie che appenderei in casa (San Isidro).
Detto questo, non è che a me non piaccia la fotografia di “paesaggio sociale”, tutt’altro. È la svalutazione del soggetto che mi infastidisce.

Tutte quelle regolette, in origine ideate da Sant'Enrico da Bressone per una giustissima causa s’intenda (evitare la manipolazione delle immagini a uso e consumo dei giornali che le pubblicavano), che però gli adepti impongono di rispettare pedissequamente e il sostanziale "macchiettismo" da fotocircolo cui oggi il genere si limita (la vecchina a fianco della bonazza da infarto; la befana immortalata vicino a un cartellone pubblicitario che ritrae La Befana; il tizio sciallo a fianco del manager e via così).

Mentre un tempo era interpretata come pura poesia. Garry Winogrand e Lee Friedlander, Robert Frank, il visionario Joel Sternfeld (mi sono svenata per avere la prima edizione di American Prospects) sono tra i miei preferiti e nessuno di loro parla di "Street Photography" (anzi Winogrand rinnega il genere!), anche se è invalso l'uso di etichettarli sotto quell'insegna.

Ma è, appunto, solo un’etichetta. Finito il pistolotto. Più tardi ti mando il pdf del paragrafo di “Sulla fotografia” che mi interessa (è tutto sottolineato, ma te ne farai una ragione).

Intanto, Roberto Mugnaioli, 52enne da Roma, fotografo confuso e lavoratore, raccontaci, appena puoi, qualcosa di te e di come sei arrivato alla fotografia, da quali percorsi, attraverso quali incontri.

Buona giornata e buon lavoro! Tere


Mah ... penso che sia riduttivo e, forse, un po' sbagliato, voler costruire troppi compartimenti tra i generi fotografici. Letizia Battaglia è una fotografa street? Per me alla grande, anche se è ben lungi dall'idea di street oggi in voga. Ma poi perché ci stiamo infognando in questa discussione?? Pensi che io sia uno dei paladini del genere?? Come ti ho detto sono tutto fuorché uno che ha le idee chiare sulla fotografia ...

Capisco che collezioni anche tu libri fotografici in prima edizione ... bene bene ... Come arrivo alla fotografia?

I miei primi passi fotografici risalgono agli anni settanta (ti avverto, ora parte l'amarcord).
Mio fratello più grande era già appassionato e faceva belle foto con una reflex Canon AE1 e
io per emulazione, intorno ai dieci anni, mi sono fatto regalare una macchina; è arrivata una Olympus 35 (scoprirò poi che era una signora macchina) e ricordo un paio di viaggi fatti con i miei genitori a Parigi e in Sicilia, con io che orgoglioso scattavo metri di pellicola.

Ho ancora le foto stampate (tutte azzurrine perché PostalFoto non metteva i fissativi ...): ero scientifico nell'evitare attentamente, in ogni inquadratura, qualsiasi figura umana, ma componevo benino. Diciamo che ero un po' un AarnMunro/Cesare in versione analogica e calzoni corti.

Dopo mi è arrivata in eredità la Canon di mio fratello, che nel frattempo aveva fatto un upgrade; mi succedeva sempre anche con i vestiti che a lui non stavano più e la cosa mi faceva incavolare. Ma con la Canon è stato diverso; ho cominciato ad avere un buon feeling e ad appassionarmi veramente.

Il tutto, più o meno, fino alla fine degli anni novanta. Lì la mia passione ha avuto uno stop, senza una motivazione particolare; una semplice, progressiva, inesorabile perdita di vitalità.

Nel 2003 mi è stata regalata una Coolpix. Da allora è rinato tutto. Ho scoperto le potenzialità del digitale e sono ritornato nel girone dei nerd fotografici.

Si sono susseguiti acquisti compulsivi di attrezzature sempre più performanti, macchine e obiettivi di ogni foggia; per un bel periodo direi che sono stato più attento agli strumenti che alle fotografie che scattavo.

Fino a quando nel 2013 ho incontrato Lei, la Leica M.
Sì, adesso si dirà che è tutta una questione un po' snob, che non è la macchina che fa il fotografo, che ci sono macchine tecnologicamente più avanzate che costano parecchio meno, che oggi le buone fotografie le fanno anche i telefoni, ecc. ecc.

Tutto vero, ma per me l'incontro con Leica è stato fulminante perché con tutti i suoi vincoli - no autofocus, obiettivi fissi, telemetro - mi ha portato fuori dal trip tecnologico per riportarmi al divertimento puro di fare le fotografie, pensandole dal momento zero, in ogni loro aspetto composizione, tempo/diaframma, iperfocale) e facendomele sentire davvero mie.

Pian piano ho iniziato anche a interessarmi di Fotografia, intesa nel senso ampio, culturale, del termine. Ho letto un bel po' di libri e, soprattutto, osservato tante foto, di tutti i tipi, di tutte le epoche e latitudini. Sono stato folgorato, tra i tanti, da Letizia Battaglia e Alex Webb, Richard Avedon e Mimmo Jodice, William Eggleston e Stephen Shore (lo so, non ho fatto proprio il talent scout ...).

Ho comprato vecchie macchine a pellicola e ricominciato a scattare anche un po' alla vecchia maniera; insomma, ho ricominciato a divertirmi parecchio! Vabbè ... sull'argomento a piacere mi sono sentito abbastanza a mio agio, ora vediamo con le domande difficili!

Ciaooo, r


Ma? Esisti davvero? O sei solo una proiezione del mio cervello? Concordo! Su tutta la linea!

Bellissimo il racconto di te con tuo fratello maggiore a far da apripista e anche, tuo malgrado, da asso pigliatutto ... (conosci i Carofiglio? Hanno scritto insieme cose bellissime). Esiste la fotografia. Punto. I cosiddetti “generi fotografici” possono essere utili, all'inizio, per capire un po' con che cosa si ha a che fare e con che cosa ci si sente più affini. Questo magari ce lo teniamo per noi e nell'intervista non lo mettiamo. Sennò finisce che mi licenziano!

Letizia Battaglia ... la donna con il nome ossimorico più bello del mondo! Hai ragione, paesaggio sociale, senza essere omologata. Egglestone e Shore hanno letteralmente costruito l'iconografia americana e, di conseguenza, mondiale degli anni Settanta del Novecento.

Molti si scandalizzano che le loro cose possano stare al MoMA, ma Szarkovski non era un cretino e aveva capito. Basta guardare le loro foto e i telefilm americani di quell'epoca (Starski&Hutch, e anche Torino violenta il cui visivo era di chiara ispirazione americana).

Tra l'altro, hai certo notato la differenza tra lo Shore della 35mm e quello del banco... Mimmo Jodice posa uno sguardo riflessivo sulla disgregazione del paesaggio.

Non è nostalgico, nemmeno giudica. Pensa. Osservare le fotografie degli altri è fondamentale. E studiare lo è altrettanto. Non la tecnica (anche, ma non basta) ma la storia e più ancora la filosofia e la fenomenologia.

Ma sviluppi e stampi in camera oscura? E' una cosa che io amo alla follia. Ho avuto la fortuna sfacciata di imparare con Enzo Obiso! Il silenzio, la luce (uso quella arancione) che man mano che l'occhio si abitua sembra fin molta... E poi la ritualità dei gesti, l'odore vagamente lisergico ... Mi piace la tua idea di ritorno al tuo futuro fotografico attraverso tecnologie del passato.

Questa la prossima domanda:

Sulle macchine fotografiche ho una mia personale posizione (derivata dalla lettura di alcune cose, tra cui Vaccari - l'Inconscio tecnologico - e Flusser - Per una filosofia della fotografia).

E' la macchina che prende (scatta) le foto.

L'occhio dietro all'obiettivo può decidere l'inquadratura, la coppia tempo/diaframma, in relazione al risultato che vuole ottenere, la pellicola (b&n/colore; lenta/rapida; negativo/dia ...) ma alla fine, quando il dito schiaccia il bottone che apre l'otturatore, è la macchina che fa.

E ogni macchina ha la sua impronta.

Leica, Canon o Nikon non sono la stessa cosa. Visto che le pratichi in prima persona, avrai notato la differenza dello sfocato: quello degli obiettivi Leica è naturale, come la visione umana. Nessun altro obiettivo è così. Nikon è ipervisivo, Canon più realistico. Un banco ottico non è la stessa cosa di una 35mm, la monumentalizzazione che se ne ottiene è impensabile con il medio formato, figuriamoci con il piccolo. L'impronta di ogni macchina è predeterminata e definita da chi l'ha progettata e costruita.

E ... a parità di condizioni, è ripetibile all'infinito. Per questo solo la serie può parlarci del fotografo.

In sostanza sono le ossessioni del fotografo che ci parlano di lui, fondendosi con l'impronta della macchina. Scegliere la macchina significa scegliere un linguaggio, cui poi si aggiungeranno le altre sfumature. E capisco e condivido quanto dici sulla ri-scoperta della macchina meccanica, con cui fare le cose a mano.
Cambia la prospettiva del fotografare ...Mannaggia, quanto ho scritto! Buona notte T




02/05/2019

No no, esisto anch’io davvero!!

Letizia Battaglia: non avevo mai pensato all’ossimoro del suo nome, bello spunto! E soprattutto, grandissima fotografa lei! Purtroppo non sviluppo e stampo in camera oscura, l’ho fatto un po’ solo nella mia prima vita fotografica (sempre a rimorchio di mio fratello, of course). Ho ripreso in mano, come ti dicevo, alcune macchine analogiche (Leica M6, Rolleiflex TLR 6x6, Rolleiflex SL2000 e qualcos’altro); ho anche rinfrescato un paio di anni fa le mie conoscenze di sviluppo e stampa qui a Roma, da Officine Fotografiche, ma non riesco, soprattutto per problemi di tempo, a dedicarmi anche a questo.

Mimmo Jodice dice – giustamente – di concepire la sua attività di fotografo come un processo che comprende indissolubilmente le fasi di scatto, sviluppo e stampa. Ha ragione e la cosa mi manca parecchio, ma al momento tant’è … Vabbè, ora vado a studiare. Per tutto quanto detto fin qui, non potevo non comprare il libro della Sontag, per cui da ora in poi ti risparmio l’onere delle scannerizzazioni! Ciao e a presto, Roberto


04/05/2019

Ah, ma se per questo nemmeno io sono esattamente "una fotografa di qualità"!

Aggiungo la terza e la quarta domanda (non dimenticare di rispondere alla seconda, mi raccomando!). Quando fotografi per strada, ti senti parte del problema?

O sei, piuttosto, come quei fotografi che la Sonntag tanto biasima (non dimentichiamo comunque che la sua critica sociologica, per quanto acuta, va contestualizzata nel post sessantotto), che osservano dall'alto delle loro posizioni, per smarcarsi dal torbido in cui tuttavia non disdegnano di pescare?

Quando fotografi, sei più un pescatore, un cacciatore o un ragno? Sono domande cattive, lo so. Buona domenica, Tere


08/05/2019

Ciao Teresa, non sono sparito … ho anche un po’ studiato, leggendo i primi tre capitoli della Sontag (comprese quindi le “sudate carte” che mi hai gentilmente inviato).

Che dire … ci sono spunti interessanti, sicuramente. Tipo quello che individua nella fotografia la massima espressione del surrealismo, inteso come combinazione dell’accidentale e del reale, quest’ultimo effimero, che solo nella combinazione con l’accidente – che può esser anche solo il passare del tempo – dà origine alla realtà e alla storia. Oltre ad essere una riflessione acuta e stimolante è anche molto rassicurante: passerà il tempo e, quindi, anche tutte quelle mie fotografie che oggi considero delle schifezze acquisiranno dignità storica, saranno una testimonianza su-reale dell’oggi …Ma quando le disquisizioni si fanno troppo teoriche - lo ammetto – tendo a perdere un po’ il filo.

Alex Webb, tanto per fare il solito esempio, è filosoficamente meno velleitario ma, per me, più empatico, più calato nell’atto e nell’attitudine fotografici, che in questo momento è ciò che mi intriga maggiormente. Comunque il libro della Sontag lo finirò, promesso.

Vengo dunque alla risposta alla tua domanda sullo strumento fotografico. Non concordo totalmente, sono sincero, con la tua frase “E' la macchina che prende (scatta) le foto”. O almeno non in maniera così massimalista (ma non è che la domanda è un po’ provocatoria?? Così, tanto per stanarmi un po’ … Smile).

Indubbiamente ogni macchina – meglio per me, ogni obiettivo - ha la sua impronta.


mukkapazzamukkapazzamukkapazza
Indovina la città ...Far awayIrradiation

mukkapazzamukkapazzamukkapazza
ChapeauEquilibriumImprinting


Da quando uso Leica ne ho la prova; senza voler togliere nulla alla qualità delle apparecchiature delle altre marche e alla grande flessibilità d’uso che molte di queste permettono, molto più di quanto Lei non permetta, una foto scattata con un obiettivo Leica ha qualcosa che, sebbene non sia sempre semplice spiegare, non si può non percepire. Succede anche con Zeiss, anche se uso queste ottiche solo in analogico, con i sistemi Rolleiflex: in questo caso entra in gioco anche il discorso del medio formato, paragonato con lo standard 35mm e tutto si complica ulteriormente.

Poi ogni macchina ha le sue modalità d’uso, ognuna si porta dietro caratteristiche e vincoli che condizionano indubbiamente il modo di fotografare (mi rimane difficile pensare che Basilico potrebbe essere stato lo stesso con una 35mm, per esempio), ma dire che “la foto la fa la macchina” mi sembra un po’ tirata …

Comunque non venga mai fuori che la fa la “macchinetta” … aargghhh, per carità!! La foto per me la fa sempre il fotografo, che poi può interagire meglio con l’una o l’altra macchina. D’altra parte anche tu dici che sono di sua pertinenza “inquadratura, coppia tempo/diaframma, pellicola”; non è che siano poco nell’ambito del processo fotografico (escludendo tutta quella parte di sviluppo e stampa, oppure di post-produzione, che sono altrettanto importanti).

E un fotografo è tanto più bravo quanto più vengono fuori nelle foto le sue “ossessioni fotografiche”, termine in cui, sì, mi ritrovo alla grande.
Così come mi ritrovo appieno anche nell’idea che il fotografo vada conosciuto attraverso una serie di foto; è nella ripetizione che troviamo l’ossessione, nei casi più mirabili, il tormento, quello che ci fa entrare in contatto e empatia con lui. Allargo a questo punto il discorso; il fotografo va conosciuto anche per le altre cose che fa, o ha fatto, oltre alle foto. Le foto di Letizia Battaglia assumono un altro spessore – a me mi (la Crusca l’ha sdoganato??) commuovono - se conosciamo il suo impegno politico, la sua storia, il suo ritornare a Palermo (quanti in quel periodo andavano via da Palermo? E quanti ritornavano?), non per “documentare” la guerra di mafia, ma per combatterla, sbattendola in faccia a tutti, con violenza, sofferenza, compassione e affetto per la sua terra e la sua gente.

Ecco, è così per me che un fotografo diventa grande, quando riesce a trasferire sé stesso nelle foto. E non c’è bisogno sempre di una guerra; si può mettere sé stessi viaggiando, prendendo in giro, riprendendo vasi di fiori o corpi nudi. Da tutto ciò ti verrà facile capire che non sono affatto d’accordo con un’affermazione che sento fare spesso: “la foto deve parlare da sola”. Non sono mai d’accordo, anche nei casi in cui le foto si risolvono in sé stesse (penso a tante mirabili foto street, nel senso più moderno del termine); anche queste assumono valenza – per me, ovvio – nel momento in cui si inseriscono in un percorso.


mukkapazzamukkapazzamukkapazza
MinimalstLa salina

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Specchio ... rotto!!LIFEThe sting


La cosiddetta botta di c … rimane sempre fine a sé stessa. Mentre se uno vede il lavoro, per esempio, di Pau Buscatò, ogni sua foto è una mirabile intuizione, volendo può reggersi anche da sola, ma acquisisce rilevanza fotografica nel momento in cui ci si rende conto che l’autore è un visionario, uno che si costruisce mondi paralleli e in questo risiede la sua ossessione. Tutto questo, parlando degli altri …

Se devo calare questi argomenti sul mio essere fotografo, che dire … A me manca l’ossessione. O meglio, non riesco a tirar fuori quella che, forse, potrebbe essere un’ossessione in nuce. Ma qui veniamo alle altre domande; le risposte nella prossima puntata!! Ciao, Rob


10/05/2019

Ciao Rob Un pensiero veloce, prima che mi sfugga. Devo fare ammenda perché la mia domanda, in effetti provocatoria (sei un po' troppo perspicace per essere un uomo!), era però mal posta. Ho dato per scontato che, usando il termine "prendere" fosse esplicito il mio pensiero.

È chiaro che "la foto la pensa" la testa dietro all'obiettivo, ma è altrettanto chiaro che esiste uno iato temporale, quello in cui l'otturatore si apre e si richiude, in cui è la macchina a prendere ciò che le passa davanti, indipendentemente dalla volontà del fotografo. È su quello che volevo mettere l'accento. Se la scena inquadrata cambiasse repentinamente il risultato sarebbe comunque una fotografia. Non so se mi sono capita LOL LOL

Buona giornata! Tere


Ti perdono! Ahahah

Tanto per aggiungere un po' di carne al fuoco, come se quella che già c'era non bastasse, ho messo anche un intermezzo Qulturale e ho inviato un link a uno dei post del "Fotocrate Smargiassi" dal blog "Fotocrazia" che cura su La Repubblica online

13/05/2019

Come liberarsi della fotofonino-fobia - Fotocrazia - Blog - Repubblica.it LINK, Just for fun! Buon we, Tere

mukkapazzamukkapazzamukkapazza
La sedia biancaFashion makerIl lavoro santifica

mukkapazzamukkapazzamukkapazza
Stanco di essere stancoDentro la notiziaLost in Beauty


E Roberto, stando al gioco, cortesemente ha risposto ...


Grazie Teresa per la simpatica sollecitazione! Lui ha 69 anni, è un maestro affermato e avrà scattato quanto noi - almeno io - non riusciremmo a scattare in tre vite. Personalmente sono ancora nella mistica infatuazione della coppia tempo-diaframma, fase che forse lui avrà superato una ventina di anni fa ... Comunque una volta ero alle Terme di Caracalla, d'estate, di sera, ad un concerto di Ennio Morricone; contesto, chettelodicoaffà, spettacolare! Si avvicina una coppia di arabi; lei mi chiede di farle loro una foto con un Huawei tutto dorato, alla Kardashan per capirci (in realtà l'aveva chiesto a mia moglie … evidentemente le dava più sicurezza …); ha tirato fuori una foto che mi ha fatto letteralmente strabuzzare gli occhi!

Ciao, r


Adesso mi è venuto il dubbio che la domanda n. 4 non sia molto chiara...

Con "cacciatore" intendo quel fotografo nervoso che si aggira per le strade, tutti i sensi all'erta, pronto a immortalare le sue prede, un po' come Meyerowitz nei filmati degli anni 70, che guardava con un occhio in macchina e con l'altro il circostante. Il pescatore è Kertész: scelto il punto della riva che gli pare migliore, si siede con pazienza ad aspettare che i pesci abbocchino, capace di star ore immobile per portarne a casa anche uno soltanto. Manco a dirlo il ragno è sant' Enrico da Bressone.

Coniuga le caratteristiche salienti dei precedenti. Sceglie il posto, tesse la tela, predispone il campo d'azione attende e, non appena si manifesta la preda, la immobilizza e la imbozzola nei suoi fili con rapidità sorprendente e chirurgica precisione.


20/05/2019

Ciao Teresa, sì, con la terza e la quarta domanda ti sei fatta un po’ cattiva. Finora abbiamo ragionato dei Fotografi, adesso mi chiedi di riparlare di me ... mi porti sul lettino dello strizzacervelli e mi obblighi a tirare fuori un po’ delle mie frustrazioni.

“Quando fotografi per strada, ti senti parte del problema?”

Poco, pochissimo, molto meno di quanto vorrei esserlo … Come dicevo in risposta alla domanda precedente, un fotografo diventa grande quando mette sé stesso dentro le foto. Credo che l’essere parte del problema dia in questo un grande impulso. Anche in strada: le foto di Bruce Gilden non sarebbero le stesse se lui non fosse, con la sua folle faccia tosta, parte della realtà schizofrenica e estraniante che ogni giorno fotografa. Non è sempre così, ovvio, ma una visione “partecipata” è per me sempre più ricca.

Per vari motivi non ho la possibilità di immergermi troppo nella mia attività fotografica e di farmi parte delle realtà che fotografo.

Per me è un vero rimpianto; chissà, forse è anche il pretesto che mi permette di pensare che se ne avessi la possibilità, ne avrei anche la capacità e, quindi, tenere viva la fiamma della passione. Certo, le foto cui sono più affezionato, sono quelle nelle quali si è verificata proprio quella serie di felici circostanze che mi hanno fatto interagire con la situazione che stavo riprendendo, dove la foto è stato il risultato di un percorso, anche brevissimo, che ha previsto altro. Purtroppo devo dire che sono poche; nel mio archivio ci sono tante foto in cui percepisco un po’ troppa distanza e freddezza, magari hanno connotati estetici interessanti, ma non ci trovo quel quid …

adesso però mi dovresti passare il fazzoletto per asciugarmi gli occhi …Segue …


22/05/2019

Ciao Teresa, eccomi qua anche con la risposta alla tua quarta domanda. “Quando fotografi, sei più un pescatore, un cacciatore o un ragno?”

Il pescatore si integra con l’ambiente, stabilisce un contatto con le sue prede, le blandisce con l’esca, c’è una fase anche lunga di interazione tra preda e predatore (Hemingway li mette quasi in un piano paritetico). Qualche volta addirittura , quando il pesce è troppo piccolo, il pescatore ributta il pesce in acqua; si tratta quindi di un atto reversibile, il cui esito non è mai scontato fino all’ultimo. Tra i fotografi pescatori chi metterei? Larrain, Scianna, Webb, Lisetta Carmi, Economopoulos, Shore e tanti altri.

Il cacciatore invece è violento; l’atto è irreversibile, la preda può risultare sfigurata, nessuno spazio ai ripensamenti. Meyerowitz, Gilden, Stuart, Parr, Avedon : questi sono alcuni fotografi che mi sembrano adatti nel ruolo di cacciatori. Il ragno è disegnato dalla natura per essere perfido, preciso, efficiente: Fontana, Doisneau, Erwitt, Fan Ho, Burri.

Come mi sento io?

Mah … come ti dicevo - ed è un mio cruccio - vorrei essere molto più coinvolto nelle situazioni che fotografo e, quindi, con il pensiero, mi sento più vicino alla figura del pescatore che, placido, pastura l’acqua circostante, si mette accanto il panino e attende, senza ansia, ma con i sensi all’erta. Nella realtà, invece, ondeggio: mi accorgo di non disdegnare la caccia, soprattutto quella di passo, e, forse anche più spesso, mi diverto anche ad interpretare il ruolo anche del ragno, attento alla precisa tessitura della tela, in attesa che qualcuno ci vada a sbattere contro. Come questo poi si traduce nella qualità delle foto, è tutto da vedere …

Sono finite le domande? Ho vinto qualcosa?

Ovviamente, come da tua premessa, sei libera di rimpolpettare il tutto in un italiano migliore e se avessi bisogno di qualcosa non mi muovo! Ciao, Rob


22/05/2019

Naturalmente le domande non sono finite ...Gli esami non finiscono mai! Anche perché comincia a piacermi parlare - scrivere - con te di fotosofia! Ecco, non metterei Parr tra i cacciatori. Lui è davvero uno dei pochi che è parte del problema. Un po' come lo era Lartigue, ma vuoi mettere? Lartigue faceva parte del Beau Monde nella Belle Epoque, Parr è un Inglese kitsch.

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Cherchez la femmePaestumVenezia classica

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SitcomNapul'è mille culure


Ed è talmente parte del problema che si rispecchia in quelli che fotografa. Ed è talmente autoironico da immortalarcisi. Cosa che mi diverte sempre molto. Tolto questo, concordo in toto sulla suddivisione arguta e acuta. Siccome a torto o a ragione mi sono convinta che tu fotografi in modo "pensato", altrimenti non avrei accettato di fare quest'intervista, sarò brutale: è vero quel che dici, in alcune tue foto si nota il distacco.

E questo da un lato mi stupisce perché, proprio nel libro che ha finito col dare il titolo a questa nostra conversazione, Webb insiste sull'importanza della prossimità, dello "stare" nel mondo che si fotografa. Uno dei miei maestri sostiene, in proposito, che il fotografo, qualsiasi sia il suo oggetto di interesse, debba fare "osservazione NEI luoghi" e non "osservazione DEI luoghi". Dall'altro lato, però, capisco che così è più semplice. Spettatori di quello zoo che è la strada, ci si muove in un mondo in cui gli altri si comportano in modo bizzarro, senza lasciarsi troppo scalfire dal problema posto dall'accettare l'idea di avere delle nostre bizzarrie.

Prima hai glissato sull'argomento, ma io sono un mastino, quindi non mollo la presa: "E che cosa ti trattiene dall'essere più coinvolto? Non posso credere che sia davvero solo la paura di scoprire che non ne sei capace". Io l'ho fatta, ma resta inteso che per questa domanda puoi anche avvalerti della facoltà di non rispondere.

Mi rendo conto che è la più cattiva della serie. Dai sempre molta importanza ai titoli. E' un modo di veicolare la lettura, un "divertissement", un'arguzia ulteriore ... altro? Il progresso tecnologico ha cercato essenzialmente di semplificare l'atto fotografico. Si è partiti con pesanti attrezzature come il banco ottico per andare via via alleggerendo, rimpicciolendo ... Quello che oggi chiamiamo standard, negli anni Venti del Novecento, quando venne inventato, si chiamava "microcamera".

E sostanzialmente è grazie alla maneggevolezza di Leica e le sue sorelle se è nato il fotogiornalismo, e poi il reportage e via via sino alla streetphotography ... Oddio!!! L'ho detto ... Mi sento poco bene ... Roba – la streetphotography – che Beaumont Newhall, tra l'altro (ecco! un goccio di antidoto! Comincio a star meglio!) liquida in poche righe, relegate in uno degli ultimi capitoli della sua Storia della fotografia.

Oggi abbiamo gli smartphone in tasca.

E deve essere stata una vera e propria rivoluzione, se uno come Sternfeld (street con banco a spalla, non so se mi sono capita!) ha fatto quel libro delizioso che è i-Dubai, cacciandosi in tutti i mall di quel luogo folle, con la sua aria da innocuo vecchietto americano e l'i-Phone in tasca. La strada è il regno della fo-tofon-llia. Ultima cosa (forse, dipenderà dalle tue prossime risposte). Mi piace pensare alle fotografie come a metafore.

Prendo a prestito un pensiero di Carofiglio. A prima vista la metafora (la fotografia) parrebbe solo una similitudine abbreviata. In realtà l'assenza dell'avverbio come produce una drammatica moltiplicazione di senso. Il salto, solo apparentemente piccolo, che compiono la frase, e l'intelligenza, quando devono fare a meno del come, si traduce (si può tradurre) in uno spettacolare incremento della comprensione. La metafora (la fotografia) è più potente della similitudine perché - quando è ben concepita e non volta alla manipolazione - costringe la mente a un cambio di piano, a un vero e proprio scarto della conoscenza o dell'intuizione.

La metafora (la fotografia) è una scatola magica, da cui si possono estrarre nuove consapevolezze, profonde e trasformative. Ricordati infine che le nostre lettrici attendono fotografie che ti ritraggono, sexy e inequivoco. Mentre i nostri lettori si accontentano di link a fotografie della tua galleria che ti sono particolarmente care, con due righe di commento. Se hai un sito, un blog, un ... profilo inst aaaaaaagh ram, segnalacelo!

Ciao e a presto, Tere


Ok … sì … ti piace parlare con me di fotosofia, ma non sai la fatica di stare al tuo passo … pant pant!! Intanto ti allego l’unica foto che avrai di me, leggermente datata, l’unica e ultima che mi ritrae ancora pienamente sexy e inequivoco, come piace alle lettrici.


Roberto Mugnaioli di Persona Personalmente


Con grande piacere, infine, ti confermo che non ho un sito, non ho un blog, non ho un profilo feisbuc e neanche istagramme. Ciaooo, rob

Perché? È la faccenda della metafora, vero? Comunque sei bravissimo! Lisbona sulla maglietta? Peccato però per l'aria da bravo ragazzo... Le nostre lettrici se ne dovranno fare una ragione. Ti dispiacerebbe molto se pubblicassimo tutto quello che ci siamo detti e lo facessimo come una riflessione a due, sotto forma di conversazione? E se lasciassimo anche il titolo? A me piacerebbe molto. Ah! Mi ero dimenticata una cosa sugli Arabi e il Huawei. Anzi due.

1) Huawei si fa fare gli obiettivi da Leica e sono appena all'inizio. Un marchio così evocativo non credo si mescolerebbe con una faccenda che non ha futuro, se non ci vedesse un futuro!

2) Il cell. secondo me non era dorato. Era proprio d'oro!!!


23/05/2019

E’ anche la faccenda della metafora, ma non solo … la tua capacità di mettere in relazione fotografi, scrittori, pescatori … Sì, è proprio Lisbona (non ti sfugge niente) Pubblica tutto come preferisci, anche il titolo va benissimo (anche se calato su di me mi pare un po’ pretenzioso) Mi sa che il cellulare era d’oro e, ripensandoci, credo che se glielo avessi chiesto me lo avrebbero anche regalato …

Ok, bene, anche tu percepisci un certo mio distacco nelle mie foto. L’ho confessato io per primo, segno che mi sono messo sul lettino dello strizzacervelli con la giusta disposizione, senza nascondere niente e con il mio cuore fotografico in mano … E quali sono i motivi di questa distanza? Non c’è un pensiero recondito, nessuna volontà di mantenersi sul proscenio della realtà fotografata per scelta metodologica o stilistica. Non vorrei ridurre questa bellissima nostra conversazione sulle Categorie Alte della Fotografia ad una banale questione di spiccia pratica quotidiana, ma devo dirti la verità: prima di tutto perché non ho tempo!!

La nostra vita – credo infatti di non essere il solo – è diventata una sequela di attività che ci lascia senza un attimo respiro. E più siamo impegnati e più ci sentiamo ben integrati nella contemporaneità, in un circolo vizioso che ci assorbe totalmente. La fotografia, che per me è una grande passione, ma non può essere una priorità, rimane per necessità relegata ai bordi, spesa nei ritagli di tempo. E siccome, come ho detto anche in risposta ad una delle precedenti domande, la fotografia assume valore quanto più diventa anche un’attività totalizzante per il fotografo, ecco che questa mia presa saltuaria si riverbera in una “distanza fotografica” che una come te coglie in un secondo.

E sulle considerazioni di Webb sulla necessità di essere prossimi, anzi dentro, al mondo che si ritrae non ho niente da aggiungere; sottoscrivo in pieno e ribadisco che quando un fotografo è parte della realtà che ritrae si vede e si apprezza. “E se avessi tempo? Non è che questa è solo una scusa, un paravento, per nascondere anche a te stesso il fatto che non saresti comunque capace di un’esperienza più immersiva e coinvolgente?” Il diavoletto con il forcone ogni tanto appare, punzecchia … e io non so rispondere. Quello che posso dire è che quelle poche volte che mi è capitato di mettere anche un po’ di me al di là della lente dell’obiettivo, ne sono stato veramente appagato. In questo senso, la foto che in assoluto preferisco nel mio archivio è quella di Anna. Con lei mi sono fermato a parlare, sono entrato per cinque minuti nel suo mondo, la foto è solo un pezzo di quel piccolo tesoro che mi sono portato via da quell’incontro




Anche quella del ragazzino palermitano è una foto cui sono affezionato. Anche in questo caso c’è stata interazione, per pochi secondi, ma intensa. Nel pieno centro storico di Palermo (al Capo), lui che stava giocando a pallone mi è venuto incontro con un’aria assolutamente proterva, a rivendicare quasi un possesso di quel pezzo di territorio.

Poi quando ha capito che volevo ritrarre proprio lui, ha sciolto un mezzo sorriso e si è messo in posa, come per volersi porre orgoglioso di fronte al suo piccolo regno rappresentato da quella stretta via.




Il fatto che si tratti di due foto scattate su pellicola è pura casualità …(continua)

Non era mia intenzione urtarti. Credimi. Né metterti in difficoltà.

Scusami. Avevo detto da subito che potevi non rispondere. E però ti ringrazio per averlo fatto ugualmente.

Le due foto che hai linkato, insieme a quella del ragazzo che fuma per strada con una pianta a fargli da cresta punk



sono in assoluto le mie preferite della tua galleria.

Una che invece mi ha dato sui nervi è quella di Ulisse e la Sirena.



Non ho pensato nemmeno per un momento che potesse trattarsi di calcolo o di una scelta stilistica. Mi ero invece fatta l'idea che in questo distacco continuasse a giocare un suo ruolo la timidezza, insieme al timore di rimanere troppo coinvolto.

Son cose che possono anche fare male.

Ho insistito a chiedere per vedere se avevo ragione.


Oh ... ma mica mi sono urtato!! Tranquilla tranquilla

Bene! Ero preoccupata, sì. Mi sarebbe dispiaciuto davvero. Notte!!!

No, no, ho scritto un po’ di getto, forse ti sono sembrato più brusco (mi sono riletto ...), ma tranquilla Mi diverto Notte

24/05/2019

Buongiorno, eccomi con le altre risposte!!

“Dai sempre molta importanza ai titoli. E' un modo di veicolare la lettura, un "divertissement", un'arguzia ulteriore ... altro?”

La foto non deve necessariamente parlare da sola! E’ una mia convinzione su cui so che molti non saranno d’accordo.

Deve avere un suo contenuto ovvio, ma se riesce a parlarci anche di altro acquisisce valore (sì, lo so, mi sto ripetendo …).

Il titolo rappresenta un pezzo della visione del fotografo, ci dice che cosa ha pensato quando ha scattato oppure quando ha semplicemente estratto la foto dal mazzo, scartando tutte le altre.

Certo … il titolo deve poi avere un suo senso, deve aggiungere qualcosa, non deve essere semplicemente didascalico, non deve cioè veicolare la lettura.

E ci sono anche foto così chiuse in sé stesse, in termini di significato, che un titolo può diventare un di più non necessario. Tant’è che non tutte le mie foto hanno necessariamente un titolo.

Poi ci sono le serie fotografiche e lì i titoli alle singole foto sono assolutamente superflui, è proprio la serie in sé che deve farti scoprire quel “di più”. Poi c’è anche il divertissement, ogni tanto …

I titoli di cui vado più fiero? Questi

Santi e fanti




Candidato premier



(continua)

Poi c’è il processo tecnologico, sì.

Su questo argomento non do giudizi: ogni mezzo è lecito per dare corpo alle proprie ossessioni fotografiche (e quando sono tali, ossessioni cioè, il risultato è sempre interessante).

Rimane il fatto – almeno per me – che alcune caratteristiche di alcuni “apparati” risultano ancora accattivanti all’occhio e, quindi, predispongono meglio; un sfocato di quelli buoni, una grana seducente, qualche volta una nitidezza particolare … ogni occasione fotografica ha le sue caratteristiche e può trovare in un determinato strumento il loro migliore catalizzatore.

Sicuramente la diffusione massiva dei telefoni, che con il tempo sono diventati anche strumenti fotografici eccellenti, ha reso più facile e anche democratico il processo fotografico. Quindi nessun biasimo per chi abbraccia, anche dopo “ponderose” esperienze precedenti, la leggerezza di uno strumento nuovo come il telefonino; sicuramente avrà trovato nuovi stimoli e nuove strade da percorrere.

Personalmente, non essendo un professionista e avendo al mio attivo un numero di scatti limitato, sono ancora abbastanza infatuato della coppia tempo-diaframma, non tanto per la qualità delle foto che ottengo, quanto per il divertimento che provo nel farle, che è uno dei motori trainanti di questa passione.

E comunque nella mia galleria c’è anche una foto fatta con il cellulare - Candidato Premier, segnalata prima - cui sono tra l’altro particolarmente affezionato!!

(continua)

Bellissima la tua ultima sollecitazione, quella della metafora, almeno per come l’ho capita io …

Bellissima per come si sovrappone perfettamente – per me – al concetto di fotografia.

Non mi ricordo chi ha detto (in realtà non sono sicuro neanche che l’abbia detto qualcuno … sigh che figura …) che la foto assume valore non tanto per quello che fa vedere, quanto per tutto quello che lascia fuori, libero per l’immaginazione di chi guarda.

Ecco, per me è proprio così: una bella foto è quella che fa partire - lo “scarto della conoscenza o dell'intuizione” - la tua immaginazione, che moltiplica la tua percezione sensoriale e cognitiva non di quello che è dentro ai 2:3 dell’immagine, ma di quello che potrebbe esserci anche all’esterno; ti fa immaginare i luoghi, il tempo, i suoni … insomma ti immerge in “nuove consapevolezze, profonde e trasformative”.

Non sono capace di dirlo bene come lo hai detto tu, ma mi pare che la mia idea si sovrapponga proprio alle tue parole!

Credo che risieda proprio in questo la magia di questa nostra passione; forse non ne siamo sempre consapevoli, ma ogni volta che ci avviciniamo alla Fotografia penso che lo facciamo sempre con questa voglia di volare altrove.

Beh?! E’ una buona chiusura ad effetto!?

Tra le altre foto che segnalo:




E’ una foto datata, l’ho scattata nel 2011.

Ricordo nitidamente, ed era la prima volta che ne avevo consapevolezza, che ho scattato questa foto con un intento “street”.

Cioè, provo a spiegarmi ma è difficile: è stata la prima volta che ho pensato alla situazione che ritraevo prima che ai canoni tecnico-estetici della foto. Un cambio di prospettiva che pare banale e scontato, ma non so perché, mi è diventato nitido con il tempo con riferimento a questa foto … un po’ come il profumo delle madeleine di Proust …





Questa per l’atmosfera surreale. Domenica mattina; Roma Eur; un settantenne vestito come un quindicenne che, in totale solitudine, fa training sui rollerblade …

Chiudiamo così? O vuoi aggiungere altro?

Ciaoo, Rob


Ovviamente avrei altre diecitremila domande da farti ma...

Mi rendo conto che alzarsi da tavola non completamente sazi è il modo migliore per concludere una cena.

Dedico ancora due parole a una cosa che ho scoperto a posteriori, ripassando la tua galleria e che ai primi due giri mi era sfuggita.

Ma ho saputo metterla a fuoco solo dopo le tue ultime risposte.

Riflettevo, mentre discorrevamo, su una frase di Webb, proprio nel libro scritto con la moglie, in cui spiega la sua necessità di ordinare, prima di fotografarla, la complessità della scena che gli si presenta, perché ciò che gli interessa non è l'esistenza di una cosa, ma la simultanea co-esistenza di una molteplicità di cose.

Lui non semplifica, infatti, togliendo elementi, ma riorganizzandoli all'interno della cornice della fotografia. E nelle ultime immagini che hai linkato mi è stato evidente che questa cosa ti riesce molto bene quando fai interagire le persone che osservi con l'architettura in cui si muovono.

Come qui



o qui



o ancora qui



Conto di impastare tutti gli ingredienti domani e di mandarti la bozza per le tue osservazioni domenica al massimo.


Si, non la rinnego, anzi, rivedo con piacere le mie foto vecchie, ma questa cosa dell’inserimento dei soggetti in un contesto ordinato mi ha un po’ stufato, mi sembrava di essere sempre un po’ troppo precisino, per cui sto esplorando anche altri modi (non sempre con grande soddisfazione, per la verità ...)

Ma non eri anche tu quella che odiava Bressone per il fatto di essere un po’ troppo il Signor Precisini?? Comunque cita pure la tua considerazione, è innegabile una mia ricerca in tal senso che, ripeto, non rinnego affatto!! Dovremo quindi organizzare un’altra cena per esplorare altri menu, bene!!

Intanto impasta impasta!


Intervista a cura di Teresa Zanetti e GiovanniQ
Autore: mukkapazza - Inviato: Sab 01 Giu, 2019 10:11 pm
Grazie a tutto lo staff di Photo4u, a Giovanni e, sopratutto, a Teresa per questa splendida opportunità!!
Alla prossima chiacchierata!
Roberto
Autore: Anna Marogna - Inviato: Lun 03 Giu, 2019 9:26 pm
Un '5 minuti con..' diverso in cui si nota il crescere graduale dell' affiatamento tra intervistatrice e intervistato . Uno scambio di opinioni tra te Teresa (ti riconosco in pieno questo duetto! Wink ) e Roberto che conoscevo poco ma è sempre piacevole approffondire il sentire di un Autore.
Ho apprezzato alcuni punti di grande ironia (sulla street gustosissimo) .
Spiace che non ci siano riscontri al gran lavoro svolto ,ma ahimè succede sempre più spesso
Complimeti comunque ad entrambi e non mi stancherò mai di elogiare la Redazione e coloro che collaborano per ciò che ci offrono.
Grazie e eee... il buon tutto te lo rubo stasera Tere!
Ciao Anna

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