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Racconti fotografici - follie di una vita di nerofumo



follie di una vita di nerofumo



Di tanti miei amici maschi mi piace ascoltare le gesta eroiche di amanti consumati e a sentir le loro stime in fatto di donne di cui hanno collezionato grazie, impallidisco.

Non posso vantare i loro numeri ma se parliamo di macchine fotografiche dacché ho smesso di scaccolarmi il naso e abbandonato a malincuore la tetta di mia madre potrei vantare dei numeri anch’io, forse quelli di una follia diversa ma pur sempre numeri.

Non sono ancora alla fine della mia esistenza fotografica, di quella biologica nessuno può dirlo ma già che ho buttato un occhio indietro al mio vissuto, proprio oggi mi accorgo che le macchine fotografiche sono per me come le donne, mi piacciono tutte.

Da piccolo cominciai a trastullarmi con una macchina poket che usava uno strano rullino, il 110. Crescendo iniziai ad usare tutta una serie di macchinette in metallo prima e in plastica poi per arrivare alle famose usa e getta di cartone, come mi ero ridotto direi oggi col senno del poi, fino a che punto tentarono di far scivolare in basso il concetto stesso di fotografo. Provai anche uno strano formato di pellicola chiamato aps, commercializzato dalla kodak, fu il primo tentativo di imprimere gli antesignani dati exif su una pellicola, un fiasco clamoroso.

Fu dopo il servizio militare che iniziarono i grandi numeri però. Recatomi a Torino per lavoro avrei dovuto restarci un paio d’anni per cui iniziai ad attrezzarmi per farmeli passare piacevolmente, non potevo sapere che ci sarei rimasto 17 anni.

C’era allora nel 1984 un grande negozio in via Lagrange che vendeva di tutto e di più in fatto di fotografia e fu così che in una bella giornata di primavera fu li che acquistai la mia prima reflex interamente manuale, una yashica FX3 super, una macchina per poveri ma pur sempre una reflex, 300 mila lire spesi bene, per meno mi avrebbero accompagnato alla porta.

Fu con questa macchina che iniziai a girare come un matto per Torino e fu con questa macchina che mi presentai alla società fotografica subalpina il mio primo circolo fotografico a quei tempi, un luogo frequentato da gente facoltosa che possedeva ben altre attrezzature e che mi guardava in modo strano, loro erano tutti liberi professionisti per lo più mentre io ero poco più di un metalmeccanico.

Non passò molto prima di essere colto dalla febbre dell’acquisto compulsivo e da quel momento iniziò il calvario, mi comprai una contax 139 e subito dopo una contax RTS con un numero imprecisato di ottiche di cui mi asterrò dall’enumerarle in questa circostanza.

Fino ai primi anni 90 ebbi tra le mani, Pentax LX, una signora macchina, zenit 11 una ciofeca di macchina russa buona come oggetto contundente allo stadio e una medio formato Mamiya 3. Comprai anche una macchina in dotazione alla CIA una spycam conosciuta allora come Minox, talmente piccola che per mettere a fuoco facevo prima ad accendere un cerino.

Nel 89 ci fu la rivoluzione autofocus, pensai e ripensai se fosse il caso di accettare la sfida e poi decisi. Con l’appoggio di un caro amico di Catanzaro lido che non so più se è vivo o se è morto, mi recai al Centro Foto Cine a Milano che oggi è diventato una cineseria, gli posai sul bancone tutto il mio tesoro a fuoco manuale e mi portai a casa la mia prima vera macchina fotografica autofocus, una nikon 801 e subito dopo una nikon 601 con annessi e connessi.

Ebbi modo in seguito di avvicinarmi ancora al medio formato acquistando una Zenza Bronica etrs prima, una SQA dopo e ancora una Mamiya 6.

I pezzi di metallo sovietici con relativi vetri continuavano ad affascinarmi per via del loro prezzo accessibile sulle bancarelle dei polacchi e nei mercatini di anticaglie, non sempre funzionavano e quando funzionavano bisognava dar loro la corda come ad una sveglia, così acquistai una medio formato Kiev 88 una macchina che per non fargli entrare luce dentro dovetti avvolgerla col nastro adesivo nero e poi ancora una pentacon six che con tre ottiche al seguito pesava in tutto 12 chili.

Comprai anche un corpo Kiev 19 , una copia esatta della gloriosa nikon fm con la differenza che il primo obiettivo che ci attaccai dovetti farlo segare in due per poterlo staccare dal corpo macchina.

C’è sempre stata la roba scadente in giro ma a quei tempi il termine scadente era ancora un complimento.

Nel 92 nacque mia figlia, era giunto il momento di farmi un regalo, lavorai per sei mesi come cameriere in una pizzeria di bassa lega per mettere da parte i soldi, guadagnavo più di mance che di stipendio però le tardone mi scrivevano il loro numero di telefono sulle mille lire prima di mettermele in tasca, non ce n’era una migliore di mia moglie.

Nel giugno del 92 acquistai una Nikon F4, un ammiraglia che faceva tremare le ginocchia, poi ne presi un altra usata e per non farmi mancare il gusto retrò mi trovai anche una nikon FM2 che però nel giro di un mese mi cadde nel Po durante una gita in barca e non la ritrovai mai più, se qualche veneto la ritrovò tra i flutti del delta sappia solo adesso che fu mia per poco ma grandiosamente mia.

Ero diventato una persona adulta, molto adulta e cominciavo ad avere gusti complicati sicché un giorno tornai a casa con un banco ottico, un tachihara tutto in legno di ciliegio, folding lo chiamavano perché si piegava tutto come quei tavolini che usiamo in Sila il giorno di ferragosto con la differenza che i tavolini sapevo come chiuderli.

Nel frattempo mi passarono per le mani anche un numero imprecisato di compatte che rivendevo puntualmente dopo una settimana per paura di affezionarmici troppo.

Mi venne anche in mente di comprarmi una macchina subacquea, una nikonos con tanto di faro illuminatore ma quando mi accorsi che mi sarei dovuto prendere anche una tuta da sub con bombole, piombi e compagnia bella mi resi conto che la vita del palombaro nel profondissimo mare di Torino non era alla mia portata.

Provai per un periodo brevissimo anche una Olympus comprata sottobanco al baloon di Porta Palazzo, ricordo che me la vendettero insieme ad un lungo teleobiettivo con cui, nella foga di provarlo subito, inquadrai senza volere due spacciatori nel pieno delle loro attività che mi videro e mi inseguirono per mezza Torino, volevano farmi fuori.

Non fu facile seminarli ma per la prima volta capii che una macchina fotografica poteva essere pericolosa come una pistola.

E fu così che mentre mi accingevo al mio ultimo acquisto analogico, una nikon F5, arrivò quasi in sordina il digitale che prometteva mari e monti a tutti gli appassionati che diventarono di botto grandi esperti di informatica lasciando sul campo morti e feriti.

E’ una meteora, dicevano in tanti, una nuvola di passaggio, dicevano altri.
Bene, l’uragano Katrina fu una lieve pioggerellina di maggio al confronto.

Comprai in rapida successione una nikon coolpix 5700, una coolpix 5000 e una nikon D70 poi sostituita dalla D70s.

Di seguito tentai un avvicinamento alla mia prima canon, una 10D, macchina da dimenticare. Tornato saldamente su nikon nel giro di 4 anni ebbi una D200, una D40, D50, D80, D90, D300, D300s e pure una seconda canon 20D l’unica macchina della mia vita che metteva a fuoco 2 scatti su 10,per approdare infine a quel sogno di macchina che tante soddisfazioni mi regalò, la nikon D700.

Mi sembrò per un certo periodo di aver trovato la pace dei sensori, quando già tanto mi era costata la mia passione, fu lì che si fece prepotentemente strada una macchina straordinaria, una canon 5DmkIII, una prima donna che mi fece abbandonare il mondo nikon per sempre e a cui affiancai delle altre sorelline, canon 350D vinta ad un concorso fotografico per nikonisti (mhà) e una 400D.

Solo tre anni fa tuttavia, dopo aver martoriato la schiena con quintali di attrezzature al punto di subire un intervento di ernia discale, lasciai pure canon per passare definitivamente al mondo mirrorless.

Iniziai con una X100, la prima in Calabria e poi ancora X100s, Xt1 e Xpro2.

La mia borsa si alleggerì ma non di tanto.

Oggi vivo con la sensazione che la macchina perfetta me la dovranno ancora fare ma una cosa è certa, prima di comprare una nuova macchina fotografica devo cambiare la panda di mia moglie.

by nerofumo

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