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photo4u.it - Libri
Piccola Storia Della Fotografia (Walter Benjamin)
Titolo: Piccola storia della fotografia

Autore: Walter Benjamin
Pagine: 46 Illustrazioni : Bianco e nero.
Brossura: 12,5x17
Lingua: italiano Editore: Skira
Prezzo: 9 €

Il breve saggio rappresenta l’indispensabile ripubblicazione di un classico datato 1931. L’editore Skira propone per la prima volta un’edizione italiana illustrata con fotografie scelte accuratamente per integrare il pensiero teorico che tesse l’intera opera. Benjamin confeziona la sua riflessione critica ricamando elegantemente tre articoli apparsi nella gloriosa rivista “Die Literarische Welt”, settimanale berlinese della Repubblica di Weimar. La sua sottile perspicacia, mista a quel carattere profetico, accompagnano il lettore in un lucido racconto sull’evoluzione del medium dagli esperimenti di Nièpce e Daguerre fino a ai primi tentativi di reportage.





A. Sander, senza titolo, 1920.

Come sottolinea Walter Guadagnini nella sua elegante prefazione, siamo di fronte ad un lungo saggio piuttosto che una vera e propria storia, una riflessione critica nella quale il passato serve come unità di misura per il presente. Affascinante è la lettura proposta dal pensatore tedesco di alcune immagini: fotografie “belle e inaccessibili”, indifferenti alla testimonianza dell’arte del loro creatore, che hanno la proprietà magica di far vivere il futuro nel passato, che urlano un bisogno, un’ossessione, un desiderio, quello di conoscere il luogo quasi invisibile dove si annida ancora oggi il futuro, il luogo incantato dove continua ancora adesso a pulsare la vita di quei referenti. Una ricerca appassionata del germe di quella casualità con cui, la realtà dell’attimo colto dal medium, ha posseduto il carattere dell’immagine.









D. O. Hill e R. Adamson, La pescivendola di New Haven, 1846 circa.

Ecco che di fronte alla “Pescivendola di New Haven” di Hill, Benjamin sente il bisogno di interrogarsi: “in che modo la grazia di questi capelli/ e di questo sguardo ha avvolto gli esseri di un tempo: / come baciava questa bocca verso la quale / immemore il desiderio come un fumo senza fiamma sale attorcigliato!”.














K. Dauthendey, Autoritratto con la sua fidanzata, 1857.

Oppure, osservando la fotografia “Autoritratto con la sua fidanzata” di K. Dauthendey,( il fotografo, padre del poeta, all’epoca del fidanzamento con la donna che un giorno, in seguito alla nascita del loro sesto figlio, egli trovò morta con le vene dei polsi tagliate) Benjamin commenta: “Qui la vediamo al suo fianco, e sembra che lui la sostenga; ma lo sguardo di lei lo oltrepassa, risucchiato in una lontananza presaga di sventura”. Non vi è dubbio che la natura che parla al medium è profondamente diversa da quella che parla alla mente: al posto di uno spazio elaborato consapevolmente se ne aggiunge uno elaborato inconsciamente. Una sorta di parallelo fra la fotografia e la moderna psicoanalisi, dove pulsioni nascoste e percezioni coscienti si contendono la verità. Fertile ed illuminante è infatti l’introduzione nel saggio del concetto di “inconscio” in campo fotografico, un organismo totipotente da cui abbiamo visto nascere i discorsi fotografici contemporanei, utili allo scardinamento dei condizionamenti visivi. Un inconscio “ottico”, dal carattere oggettivante e con funzione conoscitiva per l’uomo che contaminerà positivamente il pensiero di molti altri critici fotografici. Il saggio contiene un'altra piccola perla di saggezza alla quale tante recensioni non hanno dato la giusta importanza: “l’elemento decisivo per la fotografia resta sempre il rapporto del fotografo con la sua tecnica”. La grande fotografia e i grandi fotografi come Atget, Weston, Adams, Evans, Bresson, etc. coincidano sempre con momenti particolari dell’evoluzione delle tecniche fotografiche, nei quali quasi si fondono. La fotografia ha acquisito rapidamente, fin dagli anni della sua nascita, una serie di evoluzioni tecniche che hanno coinvolto tutti i momenti della sua realizzazione: i materiali impressionabili, le procedure di stampa con tutti i suoi materiali, lo sfruttamento delle tipologie di luce, le tecnologie sempre più all’avanguardia della macchina fotografica, hanno determinato una “storia dello sguardo”, una tipologia di visione caratteristica. Per fare degli esempi possiamo ricordare le storiche fotografie di Nadar che hanno rappresentato l’epifania fotografica della luce artificiale di batteria, oppure quelle di Jacob Riis che hanno introdotto l’innovazione del flash al magnesio. La fotografia di Julia Margareth Cameron ha disvelato per prima la possibilità di riprendere primi piani ravvicinati mettendoli “diversamente a fuoco”. Le fotografie di Hill offrono per la prima volta nella storia dello sguardo delle visioni sfumate, sfuocate, dai contorni indistinti, con effetti tonali e forti contrasti dovuti essenzialmente dalla tecnica della “calotipia” dove la superficie ruvida e il tessuto irregolare della carta diventavano la ragion d’essere. Gli americani Weston e Ansel Adams con il loro gruppo denominato f64 disvelavano per la prima volta le possibilità di nitidezza d’immagine dovute alla chiusura esasperata del diaframma. La fotografia di Salomon che incominciò a sperimentare le possibilità visive delle lastre ultrasensibili, etc. La qualità del lavoro di ogni fotografo è indissociabilmente connessa ad un aspetto particolare della tecnologia fotografica e delle sue trasformazioni; la “storia delle tecnologie di produzione dell’immagine fotografica e le “differenze fondamentali tra un artista e l’altro” sono date non tanto dalla diversità di talento quanto dal momento del loro accesso storico. I grandi “artisti” della fotografia sono stati quelli che per primi hanno potuto, tematizzare e disvelare le possibilità d’immagine dei dispositivi e delle procedure fotografiche, mentre tutti gli altri, anche se altrettanto capaci, si sono accontentati di produrre “cosa già viste”. Come ha ben spiegato Mario Costa in molti suoi scritti di estetica, “la storia artistica della fotografia non è altro che la storia dell’autodisvelamento di un medium nella quali i -grandi singoli fotografi- rispondono ad una chiamata tecno-logica che invoca, secondo un ordine necessario e del tutto indifferente al “soggetto” che risulterà chiamato, l’epifania dell’essenza del medium”. Non ci resta che apprezzare la profonda lucidità con cui Benjamin è riuscito a intuire e plasmare l’attualità delle discussioni fotografiche del suo tempo fino a renderle ancora oggi vive e feconde.


    Walter Benjamin (1892-1940) è stato uno dei massimi filosofi e pensatori tedeschi del Novecento. E’ nato a Berlino nel 1892 Si è dedicato alla critica e alla saggistica affrontando autori come Goethe, Baudelaire, Kafka e Proust, ma anche temi più generali come l’identità del moderno, i mutamenti della fruizione estetica, il ruolo dei mass media. Nel 1933, all’avvento del nazismo, è emigrato a Parigi. Nel 1940 dopo aver cercato invano di fuggire in Spagna e di lì imbarcarsi per gli Stati Uniti, sentendosi braccato dalla Gestapo si è ucciso a Port Bou, sul confine franco-spagnolo. La sua teoria sulla perdita dell’aura espressa nel celebre saggio “L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica” è uno dei capisaldi dell’estetica moderna.


Letto per voi da surgeon

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